Marzo 2022

Macron e Joe Biden (ricordi il ’62 a Cuba?), usate sagge parole, non armi e morte.

E lei Papa, esca dal suo castello e in nome del suo Dio mostri il petto alla guerra.

Fermate Draghi, in nome di Dio! Con quest’uomo avremo solo lutti e miseria.

E lei signor Draghi, se è un uomo responsabile,

Lusisti satis, edisti atque bibisti: / tempus abire tibi est

Orazio, Epistole, II, 2, 214-15

Menzione; Emmanuel Macron è stato votato, Joe Biden è stato votato, Boris Johnson è stato votato. Mario Draghi non è stato votato e il parlamento italiano è abusivo, esiste per un colpo di mano d Mattarella, il quale ha ribaltato l’esito delle votazioni del 2018. Questo significa che dopo circa un secolo, al popolo è estorta la “sovranità popolare”.

Ieri (a casa nostra)

Notte del 13 luglio 1943. È stato il più devastante dei bombardamenti a tappeto su Torino. Il suono assordante e tetro delle sirene che risuonava minaccioso nella notte accompagnava la fuga della gente per raggiungere di corsa i rifugi (che erano semplici cantine di stabili civili ancora indenni dalle bombe). Ritornano e rivivono oggi i ricordi agghiaccianti un uomo di 84 anni che sente sulla pelle il brivido freddo della paura nel pericolo assurdo di una nuova guerra assurda.

Torino C.so Giulio Cesare angolo Corso Brescia – Bombardamento del 13 luglio 1943

Gli ultraottantenni rammentano bene che a Torino, la Barriera di Milano era (si, era, perché oggi non esiste più) il cosiddetto “Borgo operaio”, per il poderoso concentramento di industrie, officine, fabbriche, laboratori e stabilimenti FIAT. Era l’area tatticamente presa di mira dai bombardamenti aerei degli alleati, per cui, causa la stretta vicinanza con le abitazioni civili, le bombe, che cadevano a grappolo, non facevano alcuna distinzione e la distruzione era quasi totale (vedasi le due immagini). Ebbene, incuranti del pericolo i cittadini della barriera non fuggirono e non abbandonarono mai le loro abitazioni. Cessato il “coprifuoco” rientravano nelle loro abitazioni, a volte ridotte quasi a ruderi, evitando, in buona parte, le scorribande dei facinorosi, lo sciacallaggio e i ladri. Era gente dura, coraggiosa e proteggeva a tutti i costi la propria casa. C’erano inoltre anche le milizie Repubblichine e le Camice nere del Fascio che presidiavano le strade, per cui bisognava muoversi con molta circospezione, poiché costoro sparavano a vista, senza indugio.

Foto di impiccati a Torino nel ’43, vittime di rastrellamenti e rappresaglie

Foto di impiccati a Torino nel ’43, vittime di rastrellamenti e rappresaglie

A fine guerra, lentamente, la vita riprese con fatica, riparando i danni alle abitazioni, aiutandosi, a volte anche nell’azienda devastata in cui era impellente riprendere il lavoro. Sono stati anni difficili e faticosi; poi la lenta ricostruzione con gli aiuti del Piano Marshall e decenni di pace e lavoro. Ma il passato non si dimentica e non si cancella.

 

Torino Via Aosta – Bombardamento del 13 luglio 1943

A proposito del Piano Marshall mi vien bene accennare a un fatto importante, ossia «Quando Epicarmo Corbino nel 1945/46 “in stretta e fattiva collaborazione” con Luigi Einaudi varò l’adesione dell’Italia agli accordi di Brettonwoods, denunciò la nuova parità della lira con il dollaro a 230 lire e conseguentemente con l’oro, proseguì la politica di liberalizzazione del commercio.  Nel maggio del 1947, dopo l’allontanamento delle sinistre dal governo e quando la situazione precipitò, con il dollaro a 430 lire e poi a 600, Einaudi divenne ministro del Bilancio, con funzione di vicepresidente del consiglio dei ministri del quarto governo di Alcide De Gasperi. Nell’agosto del 1947 il “sistema delle riserve minime obbligatorie”, già applicato all’estero con successo, doveva rivelarsi un valido argine all’espansione inflazionistica. Fu la proposta di Einaudi, che trovò forte opposizione con rilevantissimi interessi e rischiò l’impopolarità “assegnando alla stabilità della moneta la priorità sull’espansione economica e riuscì in un anno ad arginare l’inflazione e a stabilizzare la lira”. L’indice generale dei prezzi all’ingrosso che, nel luglio del 1947, era di circa 58 volte quello del 1938, nel dicembre del 1947 era caduto a 47 volte, Il disavanzo del bilancio dello Stato, che nel 1945/46 aveva raggiunto i 1.130 miliardi di lire (a potere 1951) era ridotto a 363 miliardi. Dopo quattro anni, tutti questi risultati importanti furono acquisiti ancora prima che venisse messo in atto il Piamo Marshall». (Tratto da “Luigi Einaudi di Gianni Marongiu, Editore ECIG”).

 

Oggi

Le guerre? Esisteranno sempre e sempre per lo stesso motivo: l’inscrutabile stupidità e inattendibilità dell’uomo. Egli stesso è poi l’artefice dei propri errori che paga troppe volte con il sangue di altri uomini, ovvero di coloro che non hanno colpe: la gente comune. Essa ha vissuto e vive ogni ora, ogni giorno, impotente gli eventi passati e il dramma di quelli presenti, quindi il suo severo giudizio di condanna è obiettivo, veritiero e insindacabile, semplicemente perché è esperienza di vita vissuta, voluta e subita sulla propria pelle, per volontà di altri.

La situazione di oggi ci pone in gravissimo allarme. Un rapido, quanto inaspettato ribaltamento della politica europea e americana verso la Russia, avventato e poco chiaro, è tale da non giustificare una guerra non dichiarata ma con migliaia di morti.

Avevamo ascoltato parole come diplomazia, mediazione, prestamente cancellate dai capi di Stato europei, per una tardiva coscienza della realtà, da improvvisazione e da una manifesta inesperienza che genera l’incapacità di trovare a tutti i costi vie diplomatiche. Una verità vergognosamente palese ma nascosta e taciuta da tutti i mezzi d’informazione e da fiumi di bla bla bla delle TV.

È molto facile, anzi troppo facile far leva sui sostantivi PACE e SOLIDARIETÀ secondo la bellicosa faciloneria europea. Tutti contro Putin ma costui non è uno sprovveduto, tutt’altro. Ne vedremo ben donde.

Non dimentichiamo che se i paesi dell’Europa, in generale, sono pressoché autosufficienti per il fabbisogno energetico di gas, petrolio, carbone, centrali nucleari e quant’altro, l’Italia importa quasi tutto, per non dire tutto. Questa costumanza, che si trascina da sempre per calcoli imprevidenti, data anche la pochezza di generazioni di uomini politici del passato, ribalta, com’è solito, il costo sui cittadini italiani che pagheranno un prezzo spaventosamente alto. Sono già arrivate le prime bollette con costi ben oltre il raddoppio. Cosa ci aspetta in futuro? Vedremo cosa farà l’acume del nostro Presidente del Consiglio.

Questo stato di cose, trova il nostro paese, già da anni in profonda crisi economica, coinvolto in queste assurde ritorsioni che ci costeranno l’inimicizia della Russia, la quale provvederà, o a già provveduto a sua volta, al taglio delle forniture energetiche all’Italia, che sono pari al 75/80% circa, per cui siamo allo smarrimento totale.

Pesa inoltre sugli italiani, questa forma imposta di falso pietismo solidale che accoglie, oltre alle frotte di extracomunitari che seguitano ad arrivare, migliaia di profughi in fuga dalla guerra Ucraina; il tutto con costi spaventosi. Ormai l’Italia è stata trasformata in un centro di accoglienza permanente privo di regole; c’è, inoltre, lo sfruttamento insistente, ossessivo di richiesta fondi al cittadino e ancora più vergognoso è l’abuso mediatico delle TV nel mostrare bambini gravemente malati, storpi e distrofici mediante decine di postulanti televisivi ambigui e posticci che agiscono in nome di dubbie associazioni umanitarie, sulle quali un’inchiesta sarebbe, alla buon’ora, indispensabile.

Purtroppo la nostra economia allo sfascio ci mostra un paese completamente abulico, passatista, imbelle, mentre il governo, formato dagli stessi componenti della sinistra responsabile del fallimento trentennale della loro politica, che è concausa della crisi, fa il paio con una pletora di politici europei impreparati ad affrontare questa terribile situazione. Ebbene, costoro ci stanno rapidamente portando allo stato di guerra trasformando Russia e Europa, in uno sconfinato scacchiere in conflitto; una vera follia.

Immediata viene alla mente la crisi dei missili di Cuba in cui, in quel tragico ottobre del ’62, fummo sull’orlo di una guerra nucleare fra Stati Uniti e Russia, i cui attori principali furono Castro, Kennedy e Kruscev e le loro rispettive compagini di governo. Questi uomini si mostrarono saggi, malgrado le differenti ideologie politiche e la crisi si concluse in tredici giorni di intense, frenetiche trattative condotte sul filo del rasoio ma senza uso delle armi e fu l’inizio dell’invisibile guerra fredda.

Ritornando all’oggi, si dice che è finita da tempo “la guerra fredda” ma le mire espansionistiche (nascoste in malo modo) da quelle che “sembra” siano le due o tre parti sono parse evidenti agli occhi increduli dei soli sciocchi. La prima ad aprire il fuoco è stata la Russia. C’è tuttavia un interrogativo: perché? La domanda merita una pur breve spiegazione.

 

L’Ucraina oggi.

L’Ucraina è un o Stato indipendente dal 1991, confina con la Bielorussia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Moldavia e la Federazione Russa che è il più vasto stato del mondo.

È un’enorme territorio da sempre in continuo fermento a seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica. L’instabilità è dovuta da coloro che parteggiano per la vicina Unione Europea e la controparte è quella fedele al legame storico con la Russia.

Nel 2013 il presidente ucraino Viktor Yanukovych rifiuta di firmare l’accordo di libero scambio con l’Unione Europea. Il paese è in rivolta; immediate e violente le proteste di piazza dei filo-occidentali e gli antirussi, Dopo tre mesi e un centinaio di morti, la rivolta si conclude con la fuga di Yanukovych.

Non passa un mese che l’Ucraina perde un altro pezzo del proprio territorio: Nel marzo 2014 la Russia annuncia la secessione della Crimea dall’Ucraina e la sua annessione alla Russia.

La regione del Donbass, nell’Est dell’Ucraina, segue a ruota l’esempio della Crimea, scatenando una guerra civile nelle province di Donetsk e Lugansk, che si autoproclamano repubbliche indipendenti (si tratta delle due repubbliche riconosciute da Putin nel discorso di pochi giorni fa). Nel febbraio 2015, con l’accordo detto Minsk II, si giunge a un cessate il fuoco ma gli impegni assunti in quel momento non vengono del tutto rispettati dalle parti, con la conseguenza che il conflitto prosegue di fatto ininterrottamente fino a oggi.

Su tutta questa situazione incandescente si innesta il progressivo allargamento a Est della Nato (a eccezione degli Stati dell’ex Jugoslavia, tutti i paesi entrati nell’Alleanza Atlantica dal 1990 a oggi erano parte dell’Unione Sovietica o legati a essa dal Patto di Varsavia: parliamo di Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria). È il timore da parte della Russia che l’Ucraina possa entrare a far parte del Patto atlantico: una prospettiva inaccettabile per Putin che avrebbe così gli americani sul portone di casa.

(Tratto da un articolo di Ingrid Colanicchia del 24 febbraio 2022).

«Tuttavia, per chiarezza, a tutt’oggi non vi sono ancora certezze riguardo alle relazioni tra Ucraina e UE nel prossimo futuro. Nel marzo 2016, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato che ci vorranno almeno 20-25 anni perché l’Ucraina aderisca all’UE e alla NATO. Attualmente, la nazione è solamente membro della Politica di Vicinanza Europea».

 

Una valutazione personale.

Putin è Presidente della Federazione Russa al suo quarto mandato. È un uomo intelligente e un politico di grande esperienza anche per il suo passato al kgb, dove era definito “affidabile e disciplinato”. Una possibile debolezza militare dell’Europa e il problema ucraino possono averlo spinto a un’azione decisa per far capire alla stessa Europa e alle Nazioni Unite di non “sconfinare” con azioni di propaganda inappropriata; la risposta intimidatoria dell’occidente può averlo sorpreso. Chissà, forse qualche migliaio di morti gli servivano per far capire le sue intenzioni all’Occidente.

 

Storia pregressa.

In geografia il continente europeo comprende anche la Russia europea e più precisamente: la Russia (ufficialmente Federazione Russa) è uno Stato transcontinentale che si estende per un quarto in Europa e per tutto il resto in Asia ed è il più vasto Stato del mondo. La Russia europea occupa circa il 30% dell’Europa.

Nella storia politica non è così e nel nostro caso, bisogna risalire al Congresso di Vienna del 1814 – 1815, nel quale si discussero i nuovi confini politici degli Stati dopo il “terremoto” Napoleone Bonaparte e dove si mise in discussione “il principio di legittimità” del Vecchio Regime sancito nel tempo dalle monarchie. In sostanza il Congresso formulava proposte per ricomporre in qualche modo il potere dei vecchi regnanti. Chi tentò di mettere ordine nel vuoto istituzionale europeo e non solo, creatosi dopo il “terremoto”, fu Charles Maurice Talleyrand de Périgod, principe di Benevento. Lo storico e scrittore politico Guglielmo Ferrero (1871 – 1942 autore del libro, “Il Congresso di Vienna 1814-1815 Talleyrand e la ricostruzione d’Europa”) sostiene che l’Europa “fu ricostruita dalla saggezza e dall’intuizione di tre grandi personaggi: Alessandro I, Zar di Russia, Luigi XVII, re di Francia, e soprattutto da Talleyrand. Questi uomini salvarono un intero continente minacciato dal rischio di un’interminabile guerra e la loro non fu una semplice “restaurazione” ma la ricostruzione, con materiali vecchi e concetti nuovi, dell’edificio politico europeo. Il percorso fu arduo e complesso.

[1]«Nei diversi stati europei la “restaurazione” avvenne con modalità differenti. In Spagna fu abolita la costituzione, in un regime di ferrea restaurazione monarchica; in Prussia si tornò a un rigido assolutismo ma con l’intervento di importanti riforme, tra cui quella dell’esercito; l’Austria di Metternich respinse ogni idea di riforma, instaurando un regime di controllo poliziesco; nel Granducato di Toscana fu ripristinato il Codice leopoldino, mentre nel Regno di Sardegna venne restaurato l’assolutismo, con l’appoggio del potere ecclesiastico; la repressione caratterizzò il Regno delle Due Sicilie; il papato riaffermò il suo potere,  venne ricostruita  la Compagnia di Gesù e vennero presi provvedimenti contro gli ebrei, accompagnati tuttavia da un programma di riforme; in Francia Luigi XVIII concesse la Carta che riconosceva l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, garantiva la libertà individuale e l’inviolabilità della proprietà privata. La Carta attribuiva al re tutti i poteri, erano istituite due camere con modeste facoltà di effettivo intervento, in cui però iniziarono a prendere forma i partiti politici, a seconda del proprio orientamento ideologico. Tuttavia risulta evidente che la restaurazione in Francia non causò un declino dell’attività civica, il dispotismo di Napoleone era ora soppiantato da libertà e diritti. Il concetto di restaurazione veniva quindi introdotto al fine di troncare ogni velleità rivoluzionaria, nel segno della ricostruzione dei poteri monarchici per la salvaguardia delle nazioni, una spinta controrivoluzionaria vista come necessaria per ridurre il disordine sociale e la sovversione.

La stabilità politica tra gli stati europei instaurata con il Congresso di Vienna durò effettivamente fino al 1914 ma il limite di questo accordo internazionale fu quello di cercare di riproporre un modello precedente, senza tenere in debita considerazione alcuni aspetti fondamentali. Innanzitutto con l’affermazione del principio secondo cui lo stato era di proprietà del sovrano si esplicava la sostanziale negazione del concetto di nazione, fatto che andava inevitabilmente a scontrarsi con le istanze nazionaliste e indipendentiste presenti sul territorio, si pensi ad esempio la dominazione austriaca nel Lombardo-Veneto. Secondariamente il tentativo di ritorno alla vecchia normalità non teneva conto degli inevitabili mutamenti culturali che nel frattempo avevano preso forma nelle coscienze europee, proprio in conseguenza della molteplicità degli accadimenti e della loro portata. Inoltre tra gli stati non consideravano le spinte sempre crescenti in ambito commerciale, che in qualche maniera necessitavano di interferire con le scelte politiche. L’Europa e l’Italia dunque si trovavano in un momento cruciale. Crescevano le istanze liberiste ma l’economia era ancora prevalentemente agricola. Il successivo formarsi di una borghesia industriale e commerciale, consapevole del proprio ruolo all’interno della società, favorì l’affermarsi di posizioni liberali, quale l’idea di sovranità popolare e l’esigenza di governi di stampo repubblicano che garantissero la certezza del diritto e l’eguaglianza formale tra i cittadini.

Nel 1815 fu siglata anche la Quadruplice Alleanza tra Russia, Prussia, Austria e Gran Bretagna al fine di vigilare contro i possibili tentativi di rivincita francesi e contro sommovimenti rivoluzionari che potessero minacciare l’equilibrio europeo. La Russia, da par suo, era una potenza demografica e militare ma sostanzialmente ancora arretrata economicamente ma non stava di certo, solo a guardare. Tutti questi avvenimenti e sforzi non riuscirono comunque a fermare i moti rivoluzionari che dopo pochi anni agitarono nuovamente l’Europa e che, in Italia, portarono al Risorgimento».

Sergio Romano, nella nota introduttiva del libro di Ferrero fa un’attenta riflessione sui tempi attuali: «Ferrero morì nell’agosto del 1942, otto mesi dopo l’ingresso degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale, se fosse vissuto più a lungo avrebbe certamente salutato nella politica di Harri Truman e nel piano Marshall una “ricostruzione” non meno importante di quella a cui Talleyrand e Alessandro avevano lavorato fra il 1814 e il 1815. Per contenere l’espansione dell’Unione Sovietica e impedire che l’ideologia comunista contagiasse le società dell’Europa occidentale i vincitori rinunciarono ai sentimenti di rivalsa e si impegnarono nella ricostruzione dell’ordine europeo. Il “principio di legittimità” in questo caso fu una accorta combinazione di fattori diversi: l’integrità degli Stati (la Germania fu dimezzata per ragioni indipendenti dalla volontà dell’America), la democrazia, la promessa di una crescente prosperità e la prospettiva di una federazione europea. Per fortuna “i Talleyrand” del secondo dopoguerra furono molti: Truman, il generale Marshall, Jean Monnet, Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Carlo Sforza. Quando Ricostruzione apparve per la prima volta in italiano, il 10 aprile del 1948, l’Italia erta alla vigilia delle elezioni che avrebbero permesso di partecipare, di pieno diritto, a tale processo».

È stata una lunghissima battaglia iniziata con fatica con il Trattato di Pace del 30 maggio 1814 e infine con la deposizione definitiva e l’esilio di Napoleone Bonaparte a Sant’Elena. Eventi che segnarono la fine dei continui conflitti fra le monarchie; dispute che per secoli hanno provocato solo morte e distrutto monumenti e paesi.  Ma fu solo una breve pausa, altri conflitti erano dietro la porta.

[1] Brani tratti da uno scritto di Monica Monici.

 

Eventi di guerra passati: “La guerra di Crimea 1853 – 1856”.

Per ricordare la storia ma in un contesto molto diverso, c’è un fatto relativo a “La guerra di Crimea” che riguarda l’intervento Sardo Piemontese. Nel 1854 la Francia e l’Inghilterra propongono al Regno Sardo Piemontese di aderire alla Coalizione contro la Russia. Vittorio Emanuele II e Cavour vedono un’opportunità in una futura guerra contro l’Austria che domina il Lombardo Veneto. Cavour è appoggiato dal Re, la proposta viene ampiamente discussa e il 26 gennaio 1855 viene firmata la Convenzione con Francia e Inghilterra, Cavour fa il suo intervento con foga e il 10 febbraio la Camera approva il Trattato di Alleanza. Il 14 aprile parte da Genova per l’imbarco un Corpo di Spedizione forte di 17 mila uomini. Dopo circa due anni di guerra, Il 16 marzo 1856 si firma in Crimea l’armistizio per la cessazione delle ostilità.

Il 6 maggio 1856, Cavour, alla Camera dei Deputati, rende conto dell’opera svolta al tavolo della pace. Il vero successo di Cavour fu che, da quel momento, il Piemonte diviene lo stato guida dei movimenti patriottici italiani nella lotta contro l’Austria per ottenere l’indipendenza; si assicura inoltre definitivamente l’aiuto di Francia e Inghilterra nella politica antiaustriaca.

La guerra di Crimea pose basi per un’altra guerra; quella del 1914-1918 contro l’Austria.

L’ultima guerra, in ordine di date, è quella del 1939-1945 (Ma pare non sia ancora finita).

 

Ancora l’Ucraina oggi. 

In Ucraina gli eventi si sono succeduti rapidissimi e nella fretta si son fatti troppi errori nelle scelte politiche verso la Russia per mancanza di volontà e esperienza in diplomazia estera. Il pacifismo non basta per coprire gli errori con la “solidarietà alla Ucraina” da un lato e un viatico dall’altro a fornire armi; un palese controsenso. Gli italiani, pacifisti stolti e immaturi aiutano tutti ma con denari prestati, quindi un debito che “deve” essere pagato, perdendo per strada la drammatica realtà del loro paese.

I rapporti Italia / Russia sono stati ottimi per decenni, anzi noi compriamo (oggi “compravamo”) da Putin circa il 75/80% del nostro fabbisogno energetico (il gas soprattutto), con la politica delle ritorsioni alla Russia, messa in atto dagli Stati Uniti e dall’Europa, Italia compresa, si denomina e concretizza questa politica in un’Unione Europea, che non è, nei fatti, neppure Nazione. Tuttavia agisce con governo franco/tedesco (e Regno Unito?) che parla tardivamente e impropriamente di diplomazia dopo le provocazioni al russo Putin il quale, da politico navigato ha risposto da par suo con le bombe, in fin dei conti la Russia è casa sua. Situazione che spiegata in modo semplice e comprensibile, è una guerra in cui; prima si spara e poi si bussa alla porta.

Orbene, riporto in toto un articolo su ITALIA OGGI di Tino Oldani del 22 febbraio 2022.

Lo scoop è apparso in larga misura su molti quotidiani e su Internet, quindi è di dominio pubblico ma il mondo politico italiano e europeo lo hanno completamente ignorato.

 

Lo scoop di Der Spiegel sull’impegno Nato di non espandersi a Est si basa su un verbale desecretato, che dà ragione a Putin.

« I lettori di Italia Oggi sono stati i primi, in Italia, e essere informati circa le vere origini delle tensioni politiche e militari tra la Russia di Vladimir Putin e la NATO sulla questione Ucraina. Con editoriali e articoli scritti in base ai fatti e non con la propaganda, il direttore Pierluigi Magnaschi e firme autorevoli come Roberto Giardina e Pino Nicotri hanno ricordato, unici in Italia, che dopo la caduta del Muro di Berlino (1989) i leader dei maggiori paesi della Nato avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est «neppure di un centimetro». Una promessa smentita dai fatti, visto che da allora ben 14 paesi sono passati dall’ex impero sovietico all’alleanza militare atlantica. Da qui le contromosse di Putin: la guerra in Georgia, l’occupazione della Crimea, l’appoggio ai separatisti del Donbass, lo schieramento di oltre centomila soldati al confine con l’Ucraina, infine la dura linea diplomatica con cui ha ribattuto alle minacce di sanzioni da parte di Usa ed Ue: «Mosca è stata imbrogliata e palesemente ingannata».

Per tutta risposta, il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha ripetuto quella che per anni è stata la linea difensiva di Washington sull’allargamento a Est della Nato: «Nessuno, mai, in nessuna data e in nessun luogo, ha fatto tali promesse all’Unione sovietica». Una dichiarazione smentita dal settimanale tedesco Der Spiegel con uno scoop clamoroso, destinato a lasciare il segno. L’inchiesta, intitolata «Vladimir Putin ha ragione?» e ripresa integralmente negli Usa da Zerohedge, si basa su un’ampia ricostruzione storica dei negoziati tra Nato e Mosca che hanno accompagnato la fine della guerra fredda.

Tra i documenti citati, spicca per importanza quello scovato nei British National Archives di Londra dal politolo americano Joshua Shifrinson, che ha collaborato all’inchiesta del settimanale tedesco e se ne dichiara «onorato» in un tweet. Si tratta di un verbale desecretato nel 2017, in cui si dà conto in modo dettagliato dei colloqui avvenuti tra il 1990 e il 1991 tra i direttori politici dei ministeri degli Esteri di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania sull’unificazione delle due Germanie, dopo il crollo di quella dell’Est. Il colloquio decisivo, riporta Der Spiegel, si è svolto il 6 marzo 1991 ed era centrato sui temi della sicurezza nell’Europa centrale e orientale, oltre che sui rapporti con la Russia, guidata allora da Michail Gorbaciov. Di fronte alla richiesta di alcuni paesi dell’Est Europa di entrare nella Nato, Polonia in testa, i rappresentanti dei quattro paesi occidentali (Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania Ovest), impegnati con Russia e Germania Est nei colloqui del gruppo «4+2», concordarono nel definire «inaccettabili» tali richieste. Il diplomatico tedesco occidentale Juergen Hrobog, stando alla minuta della riunione, disse: «Abbiamo chiarito durante il negoziato 2+4 che non intendiamo fare avanzare l’Alleanza atlantica oltre l’Oder. Pertanto, non possiamo concedere alla Polonia o ad altre nazioni dell’Europa centrale e orientale di aderirvi». Tale posizione, precisò, era stata concordata con il cancelliere tedesco Helmuth Khol e con il ministro degli Esteri, Hans-Dietrich Genscher.

Nella stessa riunione, rivela Der Spiegel, il rappresentante degli Stati Uniti, Raymond Seitz dichiarò: «Abbiamo promesso ufficialmente all’Unione Sovietica nei colloqui 2+4, così come in altri contatti bilaterali fra Washington e Mosca, che non intendiamo sfruttare sul piano strategico il ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa centro –orientale e che la NATO non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova Germania né formalmente né informalmente».

È innegabile che questo documento scritto conferma alcun i ricordi di Gorbaciov circa le promesse da lui ricevute, ma soltanto orali, sulla non espansione a est della NATO. I un’intervista sul Daily Telegraph (7 maggio 2008), Gorbaciov, ultimo leader dell’Unione Sovietica, disse che Helmuth Khol gli aveva assicurato che la NATO «non si muoverà più di un centimetro a EST». Identica promessa aggiunse un‘altra occasione, gli era stata fatta dall’ex segretario di Stato Usa James Baker, il quale però smentì, negando di averlo mai fatto. Eppure, ricorda Der Spiegel, anche Baker fu smentito a sua volta da diversi diplomatici, compreso l’ex ambasciatore USA a Mosca, Jack Matlock, il quale precisò che erano state date «garanzie categoriche» all’Unione Sovietica sulla non espansione a EST della NATO. L’inchiesta del settimanale aggiunge che promesse dello stesso tenore erano state fatte a Mosca anche dai rappresentanti britannico e francese.

La storia degli ultimi trenta anni racconta però altro: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, ricorda Der Spiegel, sono entrate nella NATO nel 1999, poco prima della guerra contro la Jugoslavia, Lettonia, Lituania ed Estonia, confinanti con la Russia, lo hanno fatto nel 2004. Ora anche l’Ucraina vorrebbe fare altrettanto. Il che ha scatenato la reazione di Putin: «La NATO rinunci pubblicamente all’espansione nelle ex repubbliche sovietiche di Georgia e Ucraina, richiamando le forze statunitensi ai confini del blocco del 1997». La prima apertura è giunta dal cancelliere tedesco, Olaf Scholz; «L’ingresso dell’Ucraina nella NATO non è in agenda». Parole che confermano la prudenza della Germania verso Putin e l’importanza strategica del Nord Stream 2 per la sua economia. Se alla fine sarà pace o guerra, dipenderà dal vertice Biden-Putin, agevolato da Macron. Un vertice dove Biden, nonostante la martellante propaganda anti-Putin delle ultime settimane, entra indebolito da uno scoop che riscrive la storia. Un’inchiesta così ricca di documenti finora inediti da far pensare all’aiuto di una manina politica, in sintonia con la Spd di Scholz, partito da sempre filorusso».

Conclusione

L’Europa ha vissuto in pace gli ultimi ottant’anni e ora tutto si ripropone pericolosamente, causa la mancanza di uomini d’esperienza, vissuti e ricchi d quei valori che rendano l’uomo degno di essere tale. La situazione ci mostra, purtroppo, individui potenti, con alte cariche di responsabilità ma immaturi e incapaci di muoversi nella misura più consona, atta a trattare e risolvere con senno e senza violenza l’insieme degli attuali, gravi, accadimenti. Il percorso attale non ha sbocchi e denota una vaga e distorta visione di un futuro che sta causando solo danni irreparabili, distruzione e morte.

 

Carlo Ellena

 

 

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