Mese: Dicembre 2023

Artemio e la “Divina Farsa” – PARTE FINALE

Il discorso è difficile e impegnativo e lei ne accusa tutto il peso e le responsabilità; il potere di cui dispone non è sufficiente per intervenire in questa enorme, aggrovigliata matassa di religioni.

La sua figura sembra farsi più minuta, più curva, come gravasse su di lei un peso insopportabile. Tuttavia riprende a parlare e si rivolge ad Art quasi con rabbia:

«Il cristianesimo e il cattolicesimo unite insieme, hanno l’impudenza di considerarsi le uniche, vere religioni; un dogma. La stessa cosa affermano i capi di tutte le altre espressioni religiose, sia monoteiste che politeiste. Non ha importanza che esse abbiano pochi o tanti credenti e quale sia il numero delle chiese, che poi significano soltanto “maggiore potere temporale”; ai miei occhi sono tutte eguali. Se poniamo sullo stesso piano un cinese, un indù, un asiatico, un africano, un europeo, o un “bianco” in generale e quant’altri professi religioni diverse, in forza di un giudizio imparziale, non è neppure pensabile, tantomeno giusto, dire a costoro che il loro credo religioso è confutabile o sbagliato nel confronto con altri. Eppure questo comportamento, è la causa prima delle tante guerre di religione che dalla comparsa dell’uomo sulla terra devastano il pianeta».

A questo punto lei tace nuovamente per riprendere forze, mentre Art rimane in silenzio, pensieroso. Egli riflette sul momento straordinario che sta vivendo, o forse no; invero non lo sa. Una virtù, la Verità, che si presenta in forma incorporea nei panni femminili di uno spirito buono e che discute con lui; ancora non gli sembra vero.

Intanto lei, che ha letto nella mente di Art, sorride lusingata dai pensieri dell’uomo, quindi riprende a parlare:

«In questi tempi la Verità è posta in un canto, nessuno si cura di lei; è dileggiata, derisa, passata in second’ordine in nome dei dogmi religiosi e scientifici imperanti nel nuovo mondo tecnicistico. Eppure la verità è un bisogno fondamentale dell’anima nell’essenza dell’essere, perso questo riferimento l’uomo rimane solo con sé stesso, si liquefa nello stesso crogiolo tra falsità ed egoismi, distorcendo la verità per i propri interessi personali, per sete di denaro; che è l’unico, indiscusso, concreto dio visibile».

Art con un gesto della mano l’interrompe deciso:

«Tutto giusto, tutto vero ma questo luogo in cui ci troviamo, cosa significa, cosa vuol dire; infine qual è il rapporto con la verità; domande alle quali non ho ancora ricevuto risposta!»

Lei risponde garbatamente riprendendo dal dio denaro:

«Hai ragione Art. Il luogo in cui ci troviamo, sconosciuto all’uomo, ma adesso non a te, ne è la prova; in queste stanze non c’è nessuno. Dove sono i possenti dei che regolano i moti dell’universo, il trascorrere del tempo, delle cose, la vita stessa dei popoli che in loro credono, pregano, fanno sacrifici. Nel lungo corridoio vi sono i credenti di molte religioni che attendono inutilmente da tempo immemorabile un segno, una presenza; oramai sono spiriti senza speranza e i loro poveri resti giacciono sepolti in qualche luogo, in attesa di un fallace atto divino. La morte e poi il nulla: ecco la scomoda verità! All’uomo non basta credere in sé stesso, non ne è capace, è un essere fragile e cerca aiuto da qualcuno o qualcosa modellato a sua misura, che sia solo suo e di coloro che credono alle sue convincenti parole di predicatore. Così ben congegnato, l’inganno è pronto per essere diffuso».

L’ultima frase è detta con un filo di voce, poi lei tace.

Art è perplesso nell’ascoltare le dure parole di questa strana immagine che incarna la Verità. Una virtù, un’entità astratta che prende forma di donna, la quale non crede nell’esistenza di un dio, di dei, di dee. Ѐ un paradosso, una contraddizione che lui semplice uomo non comprende e vuole una chiara, comprensibile spiegazione.

Lei tenta di spiegare come può, come sa:

«La verità l’ho già detta e tu hai avuto buoni occhi per vedere e orecchie per sentire, “la morte e poi il nulla”. Leggo nella tua mente che vuoi sapere chi e cosa sono; la mia natura, la mia origine non mi è dato conoscerle; anch’io faccio parte del gran mistero dell’universo; non sono in grado di dirti altro. Ma credo che tu abbia capito tutto, lo so. Ricordati Art; per tutta l’umanità basterebbe un solo dio buono e giusto a mettere ordine, ma è impossibile, non accadrà mai nella dimensione degli umani viventi».

Intanto l’immagine di lei lentamente si dissolve, ma ha ancora qualcosa da dire:

«Il mistero dell’universo e nell’universo è ancora fitto; la cosmologia è la scienza umana che lo studia e dà spiegazioni scientifiche, materiali; la religione dà spiegazioni religiose, attraverso la teologia; scienza che studia dio e i rapporti con il mondo; ovvero la certezza dell’opera di una o più potenti entità divine invisibili creatrici del tutto e lo fa con grande abilità, con mezzi atti a convincere di essere nella verità. Una cabala di non poca importanza cui si dovrebbe credere, ma secondo quali prove concrete e a quali misteriosi artifici? Un dilemma da sempre ancora irrisolto. 

In fondo l’uomo è l’eterno bambino che crede nelle favole, dove un mago o una fata risolvono tutto con la loro bacchetta magica, ma è una comoda e redditizia verità non vera, contraddittoria, come già ho detto.

Caro Art, come vedi mi sto dissolvendo, non ho più energia, ma sono riuscita a terminare il mio compito; chissà forse ci rivedremo an…co…ra».

Mentre l’ultima, frammentata parola si perde nel silenzio, la sua immagine si trasforma in una piccola palla di luce che lentamente sparisce, poi il buio.

Art si trova all’improvviso solo in questo luogo opprimente e ha paura, ma soltanto per qualche attimo, poi subito si rinfranca. Esce da questa sorta di stanza-ufficio ritornando verso la scala, il suo punto di partenza.

Intorno tutto è rimasto immobile, come se il tempo si fosse fermato. Egli risale la scala sino in cima, fermandosi sul pianerottolo, di fronte alla porta da dove era entrato e che ora si è aperta.

Appena superata la soglia Art si volta e rimane stupefatto nel vedere che il luogo visitato in precedenza si è trasformato in un insieme di cumuli nebbiosi ribollenti e scuri; quello che aveva visto con la Verità non c’è più, come se tutto fosse stato inghiottito nel vortice della spessa nebbia. L’uomo resta ad osservare estatico, come rapito da questo straordinario spettacolo poi si scuote, si volta e riprende il breve tratto di sentiero dal quale è arrivato. Fatto pochi passi il sentiero si divide in percorsi diversi che scendono nella fitta nebbia. Ne sceglie uno a caso e si avvia quasi di corsa; d’improvviso si blocca alla vista, proprio di fronte a sé, di un capanno con una porta aperta; Art indugia qualche attimo, poi entra guardingo. Si trova in un bel locale, che a osservarlo attentamente lo riconosce: si trova proprio nel suo studio e la vista degli oggetti personali che vi sono sparsi qua e là lo convincono del tutto. Vi sono i suoi mobili, i suoi oggetti e le due porte; quella da dove è entrato e l’altra che si apre sul pergolato che dà nel ben curato giardino. Dovrebbe essere sorpreso, ma non lo e più, oramai è avvezzo alle sorprese, ma la persona che era sprofondata nella sua vecchia poltrona e che ora è in piedi porgendogli la mano per salutarlo sorridendo…eccome se lo sorprende! Ѐ proprio lui, l’uomo che l’ha iniziato al grande viaggio. Art ricorda che costui, in quella sera memorabile, non gli aveva rivelato il suo nome, aveva detto di essere il Messaggero e adesso capiva il perché.

I due si salutano con cordialità, si siedono e parlano; a dire il vero è Art che parla, un fiume di parole. Racconta con dovizia di particolari tutti gli accadimenti successi nel fantastico viaggio con Verità, la quale gli ha mostrato senza timori riverenziali, quasi a liberarsi di un peso tremendo, la drammatica situazione dell’Empireo, l’universo di questi fantomatici Dei.

L’uomo ascolta con pazienza tutta la storia e al termine Art, con un lungo sospiro, termina con la frase: «Basta, ho proprio finito!»

L’uomo, o meglio il “Messaggero”, con un sorriso compiaciuto gli risponde con queste parole:

«Il mio compito finisce qui, ma prima di andarmene devo chiederti di fare una scelta importante; ne hai avuto facoltà. Quando in questo studio, nella tua casa, ti avevo detto che potevi ritornare fra la tua gente, ma a condizione di non parlare mai con nessuno del viaggio, non avevo accennato a un’altra possibilità per un buon motivo; perché dovevo osservare i tuoi comportamenti. Ebbene, sei stato “promosso”, per cui il tuo viaggio ora è a un bivio. Hai l’opportunità di fare due scelte: qui, in questo “doppio” del tuo studio vi sono due porte utili per entrare, o uscire; in quella da cui sei entrato puoi uscire per ritornare nella terza dimensione, quella terrena a casa tua. Se esci dell’altra porta entri in una dimensione superiore, sita in uno spazio senza tempo, dove potrai vedere il Tutto e del Tutto, il passato, presente e futuro, un Tutto che è invisibile alle altre dimensioni; in quel luogo vige l’immaterialità e l’immortalità. Tuttavia, se questa sarà la tua scelta, dovrò porti un’ultima condizione per noi fondamentale; anche se sei un uomo di parola ma sei pur sempre un essere umano di natura fallace, con virtù e difetti e noi dobbiamo tutelarci da ogni pur minuscolo dubbio. Non ti devi offendere, la scelta che hai fatto ti conferisce poteri quasi illimitati, ed è un viaggio senza ritorno: si tratta di una condizione che ti avevo taciuto perché richiede grande saggezza e fermezza nelle scelte, tenendo conto di cosa sarai e i ruoli importanti che avrai in futuro. Con l’assenso ho il potere di cancellare dalla tua memoria tutto il tuo passato da uomo, inteso quale essere umano.

Ti trasformerai in un’entità incorporea, che, all’occorrenza, può mutare sembianze per breve tempo ma una sola volta in uomo e mai più. Sarai spirito e mente che si apriranno alla conoscenza del grande mistero del Cosmo. Ѐ l’eterno desiderio di conoscenza del Sapere che hanno gli uomini, ai quali tuttavia non è, e mai sarà dato di conoscere, causa la loro ingordigia, invidia e falsità, come ti ha ben illustrato Verità. Un ordine universale che è stato stravolto da eventi imprevedibili, ma il tutto sarà, al momento opportuno, ristabilito anche attraverso il ruolo che ti verrà conferito. Ora il mio tempo è scaduto, fai la tua scelta». 

Art è confuso, travolto da questi avvenimenti incalzanti e quasi incomprensibili per un uomo semplice come lui, deve riflettere. Poi all’improvviso ha una reazione:

«Per la miseria, c’è poco da riflettere! se questo è un sogno, mi dovrò pur svegliare e tutto ritornerà come prima, no no; questa ipotesi non mi piace affatto. Ma se non è un sogno allora è fantascienza, o qualcosa di simile, di eccezionale e incredibile che mi è dato di conoscere; a questo punto è un’opportunità alla quale non voglio rinunciare per nulla al mondo, pur correndo tutti i rischi che questa situazione, piuttosto ingarbugliata, mi prospetta.  Allora con un’alzata di spalle e un sorriso compiaciuto esclama: «Ma si, vada come vada, andiamo!».

E si avvia deciso aprendo la porta verso l’ignoto accompagnato dal Messaggero.

 

Taurinia, 30 settembre 2170

La terza guerra mondiale è al culmine, quella che era una splendida città è ridotta a un cumulo di rovine. In uno spiazzo cosparso di macerie i militari allineano in lunghe file ordinate le casse contenenti i poveri morti in attesa di dare loro almeno una provvisoria sepoltura. Si tratta di un’ordinanza d’urgenza della città per l’utilizzo di posti nel vecchio cimitero generale, il quale in buona parte è stato distrutto, tuttavia il settore del seminterrato è ancora funzionale. Si utilizzano molti vecchi loculi, i quali, per necessità, sono stati svuotati dalle storiche casse malandate per assegnare un posto alle numerose, tristi sepolture. Nell’ampio corridoio alcuni uomini stanno svuotando gli ultimi loculi, quando un’esclamazione di sorpresa fa accorrere i soldati. Nello spostare una cassa, un ostacolo improvviso, un urto la fa scivolare dalle mani degli operai aprendosi rivelandone un contenuto sorprendente. Nella robusta cassa non c’è il contenitore sigillato in zinco, l’interno è ben addobbato con trini ricamati, sopra è posato in bell’ordine un elegante doppio petto grigio; dall’interno della giacca si nota la camicia bianca e colletto con cravatta scura. Ai piedi, appoggiate ai lati della cassa, un paio di scarpe nere di ottima calzoleria fa bella mostra. Ѐ senza dubbio un bell’abito completo ma vuoto, che non veste nessun corpo, il quale, non si sa come e perché, sembra sia svanito, smaterializzato. Un particolare a dir poco strano, è che all’occhiello della giacca sono infilati alcuni “Non ti scordar di me”, piccoli fiori azzurrini che sembrano appena posati, freschi di giornata. Sul coperchio è fissata una targa in bronzo con scritto:

 

Artemio Temidoro Giustafili
1938 – 2013
In viaggio volontario per l’ignoto alla ricerca della verità.

 

I soldati/operai si sprecano in commenti sulla strana cassa ridendo sguaiatamente; nel contempo controllano se vi sono oggetti più o meno preziosi da intascare, appurato che non vi è nulla d’interessante, ed essendo mancante il cadavere, quattro di loro spostano a lato la cassa per la demolizione. Mentre armeggiano con gli attrezzi compare un uomo in un’elegante divisa, probabilmente un ufficiale, perché la squadra scatta rapida sull’attenti. Il graduato si avvicina alla cassa, osserva attentamente il contenuto e la targa sul coperchio, poi con piglio deciso ordina la riposa del coperchio, la ricolloca nel suo loculo e la chiusura dell’apertura con malta e mattoni. Gli operai-militari eseguono il lavoro sotto lo sguardo attento dell’ufficiale, il quale, soddisfatto, saluta militarmente, gira i tacchi e si allontana.

Il graduato non è ancora giunto al fondo del corridoio che l’urlo delle sirene d’allarme squarcia il silenzio. Rapidi gli uomini si raccolgono, si contano e spariscono veloci.

Esplosioni, spari, urla, lamenti, stridio di ruote e gomme riempie l’aria; nel lungo corridoio seminterrato del cimitero una calma apparente prelude a qualcosa di terribile. Una serie di poderose esplosioni scuote i muri fradici del seminterrato, poi tutto crolla in un boato, spianando tutto l’edificio soprastante.

Finita la paura, la sera è dolce; un uomo in divisa da ufficiale osserva il luogo ove poco prima dava ordini nel cimitero: ora è tutta una spianata di macerie.

Come un’ombra inquieta s’inoltra nel buio mormorando: «Stupidi uomini; perché un’altra guerra fratricida? Dove sono i vostri Dei protettori che tanto pregate e adorate? Perché credete così testardamente in loro? Questa è l’ultima guerra che scatenate nel vostro pianeta Terra infliggendo ancora morte, desolazione e distruzione.

Popoli della Terra: fra breve un nuovo ordine spaziale darà al vostro mondo protezione, usando riguardo e cura a tutti i tesori della natura terrestre ancora esistenti, ovvero, quelli superstiti dalle vostre irresponsabili e folli devastazioni e voi ne sarete esclusi per sempre; vi sostituirà in toto un popolo di umanoidi».

 

Carlo Ellena

 

Tempo salva Verità da Invidia e Falsità, di François Lemoyne

Tempo salva Verità da Invidia e Falsità, di François Lemoyne (1737)
Un’allegoria dove il Tempo con il suo trascorrere salva la Verità, sconfiggendo tutta la negatività che segue di conseguenza ogni virtù.

 

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Artemio e la “Divina Farsa” – SECONDA PARTE

Art risponde con garbo:

«Grazie, inizierò da lontano con le poche cose che so; desidero spiegazioni e risposte sincere alle mie infinite perplessità e dubbi sul perché delle falsità, delle menzogne e della malvagità nel mondo, credo che abbiamo tutto il tempo necessario, dico bene?».

La risposta è immediata:

«Certamente Art, per noi il tempo non ha tempo, avanti, parla».

E Art inizia; parla a braccio, come se tutto fosse scritto nella memoria, è il risultato dei suoi studi, delle sue esperienze e le sue parole escono come un fiume in piena, liberatorie.

Spiega con foga che l’uomo fin dalla sua origine ha sempre creduto a qualcuno o qualcosa di superiore, di soprannaturale; a partire dai fenomeni atmosferici; la luce, il vento, la pioggia, i fulmini, la neve, il fuoco e il sole, la stella più idolatrata che ci dà la vita, senza dimenticare le piante, gli animali con il feticismo, ancora presente nei popoli tribali e l’animismo.

Art dà prova di essere a conoscenza di molte cose; tuttavia vuole sapere di più sull’argomento e prosegue esponendo quanto sa. Parla, dicendo che col passare dei secoli nelle varie civiltà sono nate e cresciute a dismisura le religioni con i loro Dei e i sacerdoti, abilissimi mistificatori, capaci d’ignobili intrighi per raggiungere un potere a volte superiore a quello dello stesso Stato a cui appartengono. Il politeismo ha significato una moltiplicazione smodata di divinità, si contano a migliaia; l’umanità ha creato, in particolare proprio nelle grandi civiltà, più Dei che, numericamente, il popolo delle formiche di fuoco.

L’Islam con Allah, il Dio dei mussulmani; il cristianesimo, cattolicesimo e l’ebraismo con Dio (anticamente anche il Zoroastrismo del profeta iranico Zarathustra) sono grandi religioni monoteiste, ovvero credere in un solo Dio. Ѐ in queste religioni che s’incarna e si completa in tutto il suo valore semantico la “fede” e la fede in una religione è stato, ed è il deterrente; il più potente strumento per addomesticare i popoli. Stiamo attenti al significato delle parole: addomesticarli, non educarli e prepararli nel far capire loro cosa s’intende con parole come “diritto” e “dovere”, “violenza” e “amore”, “guerra” e “pace”, “rispetto” e “prepotenza”, “verità” e “falsità”, per proteggerli nell’affrontare gli orrori che da secoli e secoli imperversano sulla terra.

Art, rosso in volto, quasi arringa e prosegue con veemenza che proprio nella religione islamica, il Corano afferma, anche se in modo poco chiaro, che il culto si può diffondere anche con l’uso della forza. Occorre tener conto che questa dottrina è l’espressione di una cultura molto diversa dalla nostra, che è occidentale; la differenza è notevole. Il cristianesimo e il cattolicesimo hanno diffuso e diffondono amore, pace e fratellanza fra i popoli, anche se, in verità, non è stato così.

L’Islam adotta altre formule e il credente mussulmano, diciamo, europeo, occidentale, deve apprenderle, capirle e accettarle; sono principi scritti sul Corano, che è una sorta di Bibbia dell’Islam, seconda religione al mondo (la prima è il cattolicesimo) per importanza, ma che avanza in modo impressionante.

A questo punto, con un gesto della mano, l’incappucciato interrompe Art:

«Sotto questo aspetto c’è una fondamentale differenza con gl’insegnamenti di Gesù, uomo di pace che non metteva in campo la forza; per diffondere la Sua dottrina usava uno strumento formidabile: la parola. Chi ascoltava era libero di agire a suo piacimento, di sua volontà, senza forzature».

Art rimane silenzioso per qualche istante, poi la sua risposta esprime tutti i dubbi e le incertezze che lo travagliano. Per lui Gesù era l’uomo di pace per eccellenza, ne è convinto, ma le sue parole sono riportate nei vangeli canonici di Marco, Matteo, Luca, Giovanni, postumi la sua ascesa in cielo, vale a dire dopo la sua morte, scritti da loro stessi e che spesso si contraddicono; della stessa Bibbia vi sono innumerevoli versioni.

Poi Art senza attendere gli eventuali commenti del suo interlocutore prosegue nell’argomento precedente, per meglio definirne i concetti.

Egli riconosce che la Bibbia è il libro del cristianesimo e del cattolicesimo, il quale pare sia la prima religione al mondo per numero di credenti. Ma sa anche che costoro, i credenti, pur sapendo le cose immonde che ha fatto nel tempo questa religione in nome di Dio, fanno spallucce, chiudono non uno, ma due occhi, anzi sono ben contenti di contribuire in qualche modo, a incrementare il potere temporale della chiesa e riempire di denaro le casse del Vaticano, l’immaginifico palazzo dell’erede del povero Pietro.

Art s’infervora e insiste nei suoi dubbi; chiede se è una religione veramente monoteista e cosa rappresenta veramente la santissima Trinità, ossia il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, lo scontro fra dottrine è tuttora aperto, i dogmi contrastano. Cristianesimo e cattolicesimo, due facce di una religione antropomorfa che crede in un solo Dio, il medesimo per entrambe, pur praticando principi diversi, in conflitto fra loro; è inconcepibile e non è dato sapere chi ha ragione.

Per certi versi l’Induismo è più chiaro con la Sua Trinità, ovvero la “Trimurti”e i suoi dei guerrieri: Brahma, che è il Dio Creatore, il principale; Siva, è il Dio distruttore; Visnù, è il dio conservatore. Pur nella sua complessità, per noi occidentali, i ruoli sono precisi.

I Maya, che abitualmente praticavano truci sacrifici umani, avevano una complessa religione politeista, in parte basata sulla natura e il concetto del “dualismo”. In genere, il termine è usato per definire ogni dottrina che si riferisca a due essenze o principi inconciliabili (ad esempio il bene e il male) e che, in quanto tale, si opponga al monismo.

Poi vi sono i mistici e filosofie di vita molto profonde; Budda era un monaco filosofo mistico come Confucio; Maometto e Zarathustra nelle loro religioni erano profeti mandati da dio, come del resto lo era anche Gesù, descritto come Messia.

A questo punto Art si concede una pausa e guarda l’interlocutore restando in attesa di un cenno. Costui, volto a lato, sembra guardi altrove, ma non è così, da sotto l’ampio cappuccio egli parla con voce chiara, sicura:

«Art, fino a questo punto hai fatto un discorso ricco di spunti interessanti, dando prova di una sufficiente conoscenza delle religioni, ma devi esprimere con chiarezza quali sono le tue conclusioni, i tuoi dubbi. Formula una domanda finale». 

Art rimane in silenzio parecchi secondi, come per raccogliere i pensieri, poi, rivolgendosi al suo interlocutore risponde deciso che la sua esposizione è solo una sintesi dei dubbi e i ripensamenti di un uomo che ha visto il mondo con le sue alterne fortune ma in opposizione, anche le sue tragiche, enormi tragedie. Ritiene sia una premessa indispensabile, sufficiente per costruire un discorso che illustri coerentemente le sue idee.

Art confessa di essere un uomo semplice, come lo è il suo modo di pensare, ma crede nelle cose chiare, prive di fronzoli, in cui le scelte siano concrete, visibili, come lo è la matematica, in cui i numeri mostrano in realtà quello che valgono.

Ciò che ha potuto osservare in questa sorta di “spazio divino” è incredibile. Art è sgomento, le stanze sono vuote, non capisce il perché e cosa servano i cartelli; probabilmente la gente attende qualcosa o qualcuno che non esiste e non arriverà mai. A questo punto la foga di Art rincalza nuovamente a quasi un’arringa. Egli afferma che cogliendo l’opportunità di questo viaggio in un’altra dimensione, nella realtà invisibile dell’universo di migliaia di deità, vorrebbe raccogliere dei, santoni, profeti, insomma, le divinità di qualsiasi tipo e grado, incolonnarle in una lunga teoria e chiedere ragione ad ognuno dell’operato svolto nel tempo. Una follia, una bestemmia, un’eresia? Niente affatto, insiste Art, visto come oggi gira il mondo e tenendo conto dell’immenso potere attribuito a questi dei, egli propone, al cospetto di un apposito Tribunale, di dare un giudizio imparziale dell’opera di tutela, o meglio di “manutenzione” su tutto quanto essi stessi hanno creato, ossia: il mondo e l’umanità tutta, ossia, detto in modo esplicito: giudicare i giudicatori.

Invero si tratta di una rivoluzione in tutti i sensi; un’inversione dei ruoli che prevede una sorta di “giudizio, non degli ma su gli Dei” presieduto dall’uomo, sul quale si scaricano da sempre tutte le colpe, molte delle quali tuttavia, attribuite con ragione.

Art è quasi preso da una sorta di frenesia e parla, esprime le sue convinzioni in attesa di un contraddittorio; insiste e ripete che fin dai suoi albori l’umanità s’inventa dei, li prega in immagine, fa sacrifici, anche umani, fa penitenze, erige chiese, templi e monumenti giganteschi in loro onore, fa cose impensabili con il fine di giustificare l’ottenimento di qualcosa che non è mai arrivato dalle religioni e mai arriverà ma tuttavia indispensabile per arricchire i vari sacerdoti, vescovi, papi e le innumerevoli cariche di qualsiasi chiesa o tempio si parli. Un’ industria ricca di molte migliaia di religioni, di fedi, culti, credenze, dottrine, dogmi di verità assolute a parole, ma non dimostrabili.

Ѐ il cosiddetto “potere temporale” tanto aborrito, che vuole denaro per produrre polvere e fumo a cui dare un credo, una speranza alla gente comune, mentre guerre, epidemie, cataclismi naturali e flagelli di ogni genere continuano e continueranno a imperversare, come sempre. E a questo punto Art pone la fatidica domanda:

«In conclusione, voglio sapere dove sono e cosa fanno questi dei, quali prove concrete abbiamo che esistano veramente e se esistono cosa può ancora sperare da costoro l’umanità tutta?».

Art ha posto la sua domanda, mentre un silenzio tombale cala fra i due; l’uomo osserva l’incappucciato in attesa di una risposta che tarda ad arrivare.

Quella strana figura sembra d’improvviso ingobbita, le mani ossute, bianche come cenci, cercano appoggio sul tavolo, poi lentamente si alzano verso il cappuccio, ne afferrano i lembi e l’abbassano oltre le spalle.

Art, sorpreso dal gesto, rimane senza parole, a bocca aperta; ha di fronte una donna, il cui volto rivela tracce di una bellezza svanita, ora appare vecchio, stanco, segnato da rughe profonde, i lunghi, bianchi capelli cadono sciolti sulle spalle, solo i suoi occhi, di uno straordinario verde smeraldo, l’osservano attenti.

«Chi sei?»

Chiede timidamente Art, non ancora riavutosi dalla sorpresa.

Lo sguardo penetrante di lei indaga, i suoi occhi pare lo scrutino nel profondo dell’anima e l’uomo lo percepisce, è imbarazzato, intimidito. Poi lei abbozza uno stanco sorriso e parla:

«In fondo sei un uomo buono, intelligente quanto basta per capire il mistero che ti circonda e quanto ti potrò dire. A te mi svelo…sono la Verità».

Art non afferra il senso della frase e ancora chiede:

«Spiegati in modo comprensibile, ho la mente confusa, aiutami».

Lei con la mano sfiora senza toccare la fronte di Art, il quale sente mente e corpo pervasi da una strana sensazione di benessere; egli la vede diversa e allunga una mano per toccare i suoi capelli, ma lei di scatto si ritrae quasi ammonendolo:

«Non toccarmi, mi vedi, ma sono incorporea, il contatto con la vita mi provoca dolore». Art, subito ritrae la mano, restando in attesa di spiegazioni, di parole illuminanti.

E le parole fluiscono chiare, sincere, espresse con calma, ma dure e grevi come macigni:

«Siamo in due: Invidia e Falsità ed io, Verità, odiata e vituperata dall’altra che prospera a causa del genere umano sempre più corrotto, una lotta impari che prosegue da secoli, senza sosta. Millenni fa ero bella, gli uomini erano gretti, ma lottavano contro una natura selvaggia, spietata, in un mondo appena agli albori in cui trovare sostentamento era una cruda necessità, una Verità incontestabile: ero onesta con loro e loro con me».

Dopo questa parole si ferma, appare stanca e sfiduciata, poi riprende:

«L’aspetto ingobbito, il mio volto invecchiato e macilento portano i segni delle lotte immani che ho dovuto sostenere e che ancora sostengo, ma è una lotta impari. Passavo attraverso i loro corpi umani per renderli virtuosi, oggi non più, essi sono facile preda della corruzione, invidia e falsità. Sono forze negative opposte troppo potenti, contro lei mi è difficile se non impossibile lottare; il solo contatto con l’uomo in vita mi procura dolori spaventosi causati dal male che c’è in lui». 

Le ultime parole sono quasi mormorate, poi rimane in silenzio mentre la sua immagine incorporea sembra svanire, ma dopo appena pochi secondi, lentamente riprende consistenza; il volto è affaticato, dolorante.

I due si guardano per lunghi minuti, intanto lei come rinfrancata riprende a parlare:

«Caro Art, la lunga vicinanza all’essere umano vivente mi assorbe molta energia, ma non importa, perché sono io che ti ho scelto per fare questo “esperimento”, ossia; un uomo messo a conoscenza di scomode verità in una dimensione sconosciuta, sospesa fra spazio e tempo, per comprendere che “non tutto ciò che è vero, è possibile dimostrarlo” e nel campo religioso tutto può essere confutabile».

La risposta di Art è immediata:

«Sono soltanto un uomo, tuttavia quest’ultima affermazione mi trova d’accordo, inoltre detta da lei fa vacillare il credo di qualsiasi religione esistente sulla terra; ci vuole il coraggio della Verità per un’affermazione simile e solo ora capisco i suoi guai».

E lei:

«L’uomo è manipolatore per natura, nella religione e soprattutto in filosofia, egli ha dato molte facce alla verità, ma in realtà la sua funzione è una sola e molto semplice: accertare la sincerità e veridicità di cose e parole. Io sono unica, non posso essere di parte, per me tutti i popoli sulla terra sono eguali, non vi sono distinzioni di razze e religioni, ricchi e poveri, padroni e schiavi, buoni e cattivi. In religione il cristianesimo afferma che “la verità è incarnata, quindi rappresentata direttamente da Gesù Cristo”, mentre il cattolicesimo afferma che “è in Gesù Cristo che la verità di Dio si è manifestata interamente”, sono affermazioni sottilmente ambigue, che raggiungono lo scopo di creare confusione».

Poi si ferma, esausta, per raccogliere forze e idee.

 

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Artemio e la “Divina Farsa” – PRIMA PARTE

Canto triste

Cantami o Diva la Verità perduta,

che l’uomo ha reso macilenta e muta.

Artemio e la “Divina Farsa”

E’ un racconto di fantasia che passa dalla terza dimensione in cui viviamo a una dimensione superiore, misteriosa e sconosciuta agli uomini. Artemio (abbreviato in Art), invoca aiuto per i molti dubbi verso la sua fede religiosa. Stante le mostruosità e i gravi accadimenti nel mondo chiede: esiste o non esiste un Dio? La risposta gli arriverà in un modo inaspettato e sorprendente.

 

Torino, 27 settembre 2013

Oggi c’è un magnifico sole e fa caldo, pur se mitigato da un gradevole venticello; insomma, senza incorrere nel pessimismo, se si deve morire è la giornata ideale. Ed è proprio il giorno che ha scelto per tirare le cuoia l’amico Artemio Temidoro Giustafili.

Ѐ il nome per esteso dell’ultimo rampollo di un’antichissima famiglia piemontese la cui origine si perde nel tempo. Da tutti in città era conosciuto con l’abbreviativo di Art, un po’ all’americana. Aveva settantacinque anni e non era troppo in salute, causa la vita intensa ed errabonda che aveva sempre condotto e come lui stesso ammetteva, non si era fatto mancare proprio nulla, tuttavia sempre osservando i valori della franchezza, onestà e integrità morale. Comunque sia se n’è andato in fretta; di colpo gli è mancato il respiro e stop, la fine di tutto. Ma attenzione; si dice che abbia voluto morire per una scommessa fatta con un tale, uno sconosciuto mai visto in giro.

Per un tipo come lui, se i pettegolezzi corrispondono a verità, non c’è affatto da stupirsi.

Spesso chiacchierando con gli amici ripeteva:

«Voi mi conoscete bene; ho girato mezzo mondo, esperienze ne ho fatte da vendere, ne ho combinate di tutti i colori, non so più cosa trovare che mi appassioni, le donne mi mollano, dicono che sono matto, eppure non ho mai fatto del male a nessuno, anzi ho fatto del bene. In conclusione tenendo conto che non mi resta ancora molto da vivere, un giorno o l’altro voglio andarmene a visitare l’altro mondo per vedere com’è, come si sta e magari conoscere il buon Dio col quale, se c’è, voglio fare quattro chiacchiere».

E gli amici giù a ridere convinti che scherzasse.

Due giorni prima del funerale era arrivata una lettera al Sindaco della città, il quale, aperta la missiva, trasecolava dallo stupore nel leggere che il suo concittadino Artemio Temidoro Giustafili dava annuncio della sua incredibile decisione. Il documento diceva: «Egregio Sindaco, a un signore che voi non conoscete e che ho voluto incontrare, ho fatto una richiesta; visitare l’altro mondo e ritorno. Costui, fissandomi intensamente negli occhi per alcuni secondi, rispondeva che per un uomo come me andare è abbastanza semplice ed è anche possibile tornare indietro, tuttavia ci sono alcune regole importanti da rispettare, seguire attentamente le sue istruzioni e la promessa di non fare mai parola con nessuno delle cose e persone incontrate nell’aldi Là. Ho subito accettato entusiasta la proposta. Una sorta di viaggio mirabolante che a mio avviso vale la pena sperimentare. Non siate tristi, ma rallegratevi; sono morto per mia volontà, ovvero, partito per conoscere l’altro mondo, quello dei defunti. Ho lasciato del denaro per tutte le spese relative al funerale e alla mia casa, che Lei e il Comune ve ne prenderete cura. Se entro un anno (trecentosessantacinque giorni) dalla mia scomparsa, a partire dalla data del presente documento e allo scoccare della mezzanotte del 365esimo giorno, non sarò ricomparso, il Comune potrà entrare in possesso della casa con tutto ciò che contiene compreso il terreno di proprietà. Ancora un’importante raccomandazione: non devo essere sotterrato, ho già provveduto ad acquistare un loculo, nel quale sarò posto con il capo rivolto verso l’apertura. La cassa dev’essere molto semplice, in legno, non sigillata e senza quella interna di zinco. La presente ha valore testamentario».

In calce segue la firma su questo, a prima vista, strampalato documento.

Eseguito la ratifica legale delle volontà testamentarie di Art e a esequie ultimate come da sue disposizioni; il Sindaco dava seguito all’ordinanza relativa alla conservazione della proprietà.

Ritorniamo all’ultima sera in cui Art, vivo e vegeto, seduto sulla sua poltrona, sorseggia un bicchiere di vino in compagnia di un ospite molto elegante; lo sconosciuto mai visto in città. I due chiacchierano amabilmente sino a tarda ora consumando tutta la bottiglia di un eccezionale, giovane Barolo. Il vino scioglie la lingua, si ride, si scherza, ma accelera il sonno, ad Art in particolare, per cui dopo la buonanotte, ognuno si ritira nella propria stanza. Art si spoglia, si corica sul suo bel letto a baldacchino e prende subito sonno.

A notte inoltrata, nel silenzio ovattato della stanza, la porta si apre e un’ombra scivola veloce accanto ad Art che dorme profondamente.

Una mano gli accarezza a lungo la fronte e il volto, poi indugia sul collo esercitando per qualche attimo una lieve pressione dietro l’orecchio; il dormiente trae un lungo sospiro, quasi sembra sorrida e continua placido a dormire. L’ombra dà un ultimo sguardo ad Art e scompare chiudendo lentamente dietro di sé la porta della camera.

 

Art si sveglia, si riordina, si veste con cura e va verso la porta della camera, l’apre e con sommo stupore si trova subito all’aperto: «Sono già in viaggio», pensa soddisfatto.

Il cielo è terso, la giornata è magnifica e davanti a lui un ampio prato coperto da fiori colorati quasi lo invita a immergersi in questa meraviglia della natura. La sensazione è di muoversi su morbidi cuscini multicolori che adornano una ripida china.

Art arranca fintanto che arriva in cima a questa sorta di monte, respira a pieni polmoni l’aria sottile, poi si volta verso il piano, ma stranamente ciò che vede non è il prato, ma un mare di nuvole, solo la cima su cui si trova emerge. È tracciato uno stretto sentiero, Art lo segue per un breve tratto, mentre le nuvole dal basso salgono veloci e lo avvolgono tanto da impedirgli la vista. A un tratto proprio di fronte a lui si materializza una porta che come per magia si spalanca mostrando qualcosa che lascia Art a bocca aperta.

Superata la soglia, lo accoglie una strana luce abbagliante e una scala che scende verso spesse nuvole che formano, a perdita d’occhio, una lunga teoria di spazi vuoti, modellati come fossero stanze attigue ma separate una dall’altra. L’accesso di ognuna si affaccia su una sorta di corridoio nel quale molte persone sparpagliate qua e là, sembrano in attesa; il tutto appare come sospeso nel vuoto.

Art, meravigliato ma soddisfatto, esclama: «Perbacco, ma allora è proprio tutto vero!»

Egli prima di “partire” era scettico, incredulo, al massimo si aspettava qualche sorpresa dal suo “viaggio”, adesso è ammutolito, ma felice; quasi non crede ai suoi occhi per quello che sta vedendo e vivendo. Pensa e riflette: «Non so se sono morto; se tutto questo è ciò che succede agli umani dopo la morte, direi che finora è piacevole; ma ci sarà un giudizio, o qualcosa di simile e…incontrerò Dio? Il “viaggio”, è appena all’inizio, sono curioso e impaziente di vedere il prosieguo e la fine».

Art scende le scale mescolandosi fra la gente in attesa e osserva queste persone completamente immobilizzate nelle più strane posizioni. Vi sono anche donne e bambini, dai loro indumenti e dai volti sofferti, freddi come il ghiaccio, si può capire che è povera gente di razze diverse proveniente da ogni parte del mondo.

Art cammina lentamente lungo il corridoio fermandosi all’entrata di ogni locale; all’interno nessuno, c’è soltanto una enorme scrivania con sopra una montagna di carte svolazzanti.

Dopo aver visitato una cinquantina di questa sorta di stanzoni, Art si ferma scrollando la testa sfiduciato e deluso. A lato dell’ingresso di ogni locale sono appesi tre cartelli, sul primo è scritto: “Le deità sono fuori stanza”, sul secondo: “La deità è fuori stanza”, a seconda se la religione è monoteista o politeista; sul terzo, molto grande, è indicato per esteso la religione cui ogni locale fa riferimento: “Cristiani, Valdesi, Protestanti, Ortodossi, Calvinisti, Presbiteriani, Cattolici, Islamici, Buddhisti, Taoisti, Induisti con Brahma, Siva e Visnu la Trinità, ossia la Trimurti” e segue un lungo, smisurato elenco.

Un incredibile universo composito di dei, profeti, monaci, predicatori, mistici illuminati, santoni e quant’altro che rappresentano, ognuno per sé, una religione. Interessante è il numeroso pantheon degli dei egizi di due/tremila anni a. C. circa; i più importanti elencati sono circa una trentina, ai giorni nostri dimenticati ma sono parte importante della mitologia egizia, in cui la religione aveva un ruolo fondamentale di guida al potere per i faraoni. Oggi in Egitto la maggioranza religiosa è mussulmana; sono circa l’80%, i rimanenti sono copti, distribuiti nelle diverse correnti e qualche altra religione minore.

«Che siano andati in pensione? Tanto non muoiono mai!», rimugina sorridendo Art.

Nel lungo corridoio molte di queste persone in attesa sembra diano segni di vita, Art cerca di smuoverle, ma niente da fare, sono abuliche, sembrano addirittura in coma, se non morte.

Risale la scala da dove è arrivato e si siede sull’ultimo gradino; a quell’altezza può vedere chiaramente lo scenario sottostante con la dislocazione dei locali che ha appena visitato. Art è confuso, non riesce a capire il senso di cosa vede e si pone delle domande:

«Chi ci dovrebbe essere negli stanzoni? Che significato hanno quei cartelli? Che cosa fa o aspetta quella povera gente? In definitiva cosa vuol dire tutto questo? Qui nessuno apre bocca, sembrano veramente tutti morti e non c’è nessuno con cui parlare».

Come se qualcuno gli avesse letto nel pensiero, all’improvviso si fa buio e dall’oscurità emerge il profilo di una persona che avvicinandosi si fa più nitida sino a fermarsi di fronte a lui, a un paio di metri circa. L’oscurità si dissolve mostrando il nuovo personaggio; costui indossa un ampio mantello nero e il volto è quasi del tutto coperto da un cappuccio, parla con una voce femminile chiara, pronunciando le parole con calma, sillabandole con cura, senza guardare il suo interlocutore: «Art, posso rispondere io alle domande che hai appena pensato. La scena che vedi ha degli aspetti tutt’altro che semplici; comunque meriti una spiegazione, che al momento opportuno, tenterò di dare in modo comprensibile».

Art è sconcertato e pensa: «Chi è costui, o…costei?».

Inspiegabilmente nella mente si forma l’immagine dell’ospite di quella sera particolare a casa sua mentre beve e parla proponendogli il fantastico “viaggio” che ora sta facendo oltre lo spazio e il tempo. Come se la sua mente fosse guidata, Art comprende che l’essere che gli sta di fronte è in qualche modo collegato con quell’ospite, ma costui si presenta in una veste diversa, strana, come fosse spirito, legge i suoi pensieri e chissà cos’altro.

Perché quell’ospite, elegante, gentile, al quale, chissà perché, aveva creduto ingenuamente, dato fiducia ad ogni sua parola, ora gli ritorna in mente? Art si ritrae sospettoso. Ma l’incappucciato gli parla con tono amichevole:

«Ascoltami Art, comprendo le tue paure, tutto è molto difficile da capire; qui sei fuori dalla dimensione percepita dall’uomo, sei oltre la materialità umana; nella scienza dell’uomo è detta “4° dimensione”, un luogo invisibile, senza tempo, che fluttua in qualche parte dell’universo; esso è popolato da forme incorporee, spiriti che possono anche prendere sembianze umane. Siamo noi, conosciamo bene l’uomo e la sua storia e in certe situazioni pure capaci di correggerne il corso, ma inspiegabilmente tutto è precipitato, anche nella nostra dimensione è il caos».

Art ha capito, ma è confuso e lo confessa:

«Tutto questo va oltre la mia comprensione di uomo semplice, tuttavia riconosco e ringrazio per avere avuto questa possibilità unica, devo solo capire come andrà a finire».

Intanto l’incappucciato prosegue:

«Uno di “noi” ti è stato inviato, parlo dell’uomo che è stato tuo ospite quella sera, abbi fiducia, come hai potuto renderti conto pochi hanno avuto il privilegio di questo “viaggio”, ma ricordati la promessa; tutto ciò che ascolterai e vedrai non dovrà mai essere riferito ad alcun essere vivente, se vorrai ritornare al mondo, alla tua realtà. Comunque ho facoltà di leggere nel pensiero e potrebbe ritornarci utile».

La risposta di Art è decisa:

«Sono un uomo di parola; io rispetto e ho sempre rispettato i patti».

Chiarita la cosa i due scendono insieme la scala, mentre l’incappucciato, che non mostra il volto, ancora gli parla:

«Caro Art, la tua vita terrena è stata bella, interessante e ricca di esperienze, senza mai danneggiare o far male ad alcuno, anzi, aiutando il prossimo. Tuttavia, all’approssimarsi della vecchiaia, sei ancora avido di conoscenze, quello che hai fatto e visto non ti basta, vuoi vedere e conoscere cose che all’uomo non è dato sapere; tu vuoi fare tutto questo pur sapendo che comporta grossi rischi. Ebbene, voglio premiare il tuo coraggio facendo un’eccezione e stando ai patti stabiliti fra noi, potrai vedere cose incredibili a un essere umano».

Percorrono un breve tratto di corridoio sino a che l’incappucciato entra in uno stanzone, si siede accanto alla scrivania invitando Art a sedersi di lato, non di fronte, poi gli dice: «Siediti; ora dimmi quali sono i dubbi che ti travagliano, cosa vuoi sapere e soprattutto capire».

 

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