Canto triste

Cantami o Diva la Verità perduta,

che l’uomo ha reso macilenta e muta.

Artemio e la “Divina Farsa”

E’ un racconto di fantasia che passa dalla terza dimensione in cui viviamo a una dimensione superiore, misteriosa e sconosciuta agli uomini. Artemio (abbreviato in Art), invoca aiuto per i molti dubbi verso la sua fede religiosa. Stante le mostruosità e i gravi accadimenti nel mondo chiede: esiste o non esiste un Dio? La risposta gli arriverà in un modo inaspettato e sorprendente.

 

Torino, 27 settembre 2013

Oggi c’è un magnifico sole e fa caldo, pur se mitigato da un gradevole venticello; insomma, senza incorrere nel pessimismo, se si deve morire è la giornata ideale. Ed è proprio il giorno che ha scelto per tirare le cuoia l’amico Artemio Temidoro Giustafili.

Ѐ il nome per esteso dell’ultimo rampollo di un’antichissima famiglia piemontese la cui origine si perde nel tempo. Da tutti in città era conosciuto con l’abbreviativo di Art, un po’ all’americana. Aveva settantacinque anni e non era troppo in salute, causa la vita intensa ed errabonda che aveva sempre condotto e come lui stesso ammetteva, non si era fatto mancare proprio nulla, tuttavia sempre osservando i valori della franchezza, onestà e integrità morale. Comunque sia se n’è andato in fretta; di colpo gli è mancato il respiro e stop, la fine di tutto. Ma attenzione; si dice che abbia voluto morire per una scommessa fatta con un tale, uno sconosciuto mai visto in giro.

Per un tipo come lui, se i pettegolezzi corrispondono a verità, non c’è affatto da stupirsi.

Spesso chiacchierando con gli amici ripeteva:

«Voi mi conoscete bene; ho girato mezzo mondo, esperienze ne ho fatte da vendere, ne ho combinate di tutti i colori, non so più cosa trovare che mi appassioni, le donne mi mollano, dicono che sono matto, eppure non ho mai fatto del male a nessuno, anzi ho fatto del bene. In conclusione tenendo conto che non mi resta ancora molto da vivere, un giorno o l’altro voglio andarmene a visitare l’altro mondo per vedere com’è, come si sta e magari conoscere il buon Dio col quale, se c’è, voglio fare quattro chiacchiere».

E gli amici giù a ridere convinti che scherzasse.

Due giorni prima del funerale era arrivata una lettera al Sindaco della città, il quale, aperta la missiva, trasecolava dallo stupore nel leggere che il suo concittadino Artemio Temidoro Giustafili dava annuncio della sua incredibile decisione. Il documento diceva: «Egregio Sindaco, a un signore che voi non conoscete e che ho voluto incontrare, ho fatto una richiesta; visitare l’altro mondo e ritorno. Costui, fissandomi intensamente negli occhi per alcuni secondi, rispondeva che per un uomo come me andare è abbastanza semplice ed è anche possibile tornare indietro, tuttavia ci sono alcune regole importanti da rispettare, seguire attentamente le sue istruzioni e la promessa di non fare mai parola con nessuno delle cose e persone incontrate nell’aldi Là. Ho subito accettato entusiasta la proposta. Una sorta di viaggio mirabolante che a mio avviso vale la pena sperimentare. Non siate tristi, ma rallegratevi; sono morto per mia volontà, ovvero, partito per conoscere l’altro mondo, quello dei defunti. Ho lasciato del denaro per tutte le spese relative al funerale e alla mia casa, che Lei e il Comune ve ne prenderete cura. Se entro un anno (trecentosessantacinque giorni) dalla mia scomparsa, a partire dalla data del presente documento e allo scoccare della mezzanotte del 365esimo giorno, non sarò ricomparso, il Comune potrà entrare in possesso della casa con tutto ciò che contiene compreso il terreno di proprietà. Ancora un’importante raccomandazione: non devo essere sotterrato, ho già provveduto ad acquistare un loculo, nel quale sarò posto con il capo rivolto verso l’apertura. La cassa dev’essere molto semplice, in legno, non sigillata e senza quella interna di zinco. La presente ha valore testamentario».

In calce segue la firma su questo, a prima vista, strampalato documento.

Eseguito la ratifica legale delle volontà testamentarie di Art e a esequie ultimate come da sue disposizioni; il Sindaco dava seguito all’ordinanza relativa alla conservazione della proprietà.

Ritorniamo all’ultima sera in cui Art, vivo e vegeto, seduto sulla sua poltrona, sorseggia un bicchiere di vino in compagnia di un ospite molto elegante; lo sconosciuto mai visto in città. I due chiacchierano amabilmente sino a tarda ora consumando tutta la bottiglia di un eccezionale, giovane Barolo. Il vino scioglie la lingua, si ride, si scherza, ma accelera il sonno, ad Art in particolare, per cui dopo la buonanotte, ognuno si ritira nella propria stanza. Art si spoglia, si corica sul suo bel letto a baldacchino e prende subito sonno.

A notte inoltrata, nel silenzio ovattato della stanza, la porta si apre e un’ombra scivola veloce accanto ad Art che dorme profondamente.

Una mano gli accarezza a lungo la fronte e il volto, poi indugia sul collo esercitando per qualche attimo una lieve pressione dietro l’orecchio; il dormiente trae un lungo sospiro, quasi sembra sorrida e continua placido a dormire. L’ombra dà un ultimo sguardo ad Art e scompare chiudendo lentamente dietro di sé la porta della camera.

 

Art si sveglia, si riordina, si veste con cura e va verso la porta della camera, l’apre e con sommo stupore si trova subito all’aperto: «Sono già in viaggio», pensa soddisfatto.

Il cielo è terso, la giornata è magnifica e davanti a lui un ampio prato coperto da fiori colorati quasi lo invita a immergersi in questa meraviglia della natura. La sensazione è di muoversi su morbidi cuscini multicolori che adornano una ripida china.

Art arranca fintanto che arriva in cima a questa sorta di monte, respira a pieni polmoni l’aria sottile, poi si volta verso il piano, ma stranamente ciò che vede non è il prato, ma un mare di nuvole, solo la cima su cui si trova emerge. È tracciato uno stretto sentiero, Art lo segue per un breve tratto, mentre le nuvole dal basso salgono veloci e lo avvolgono tanto da impedirgli la vista. A un tratto proprio di fronte a lui si materializza una porta che come per magia si spalanca mostrando qualcosa che lascia Art a bocca aperta.

Superata la soglia, lo accoglie una strana luce abbagliante e una scala che scende verso spesse nuvole che formano, a perdita d’occhio, una lunga teoria di spazi vuoti, modellati come fossero stanze attigue ma separate una dall’altra. L’accesso di ognuna si affaccia su una sorta di corridoio nel quale molte persone sparpagliate qua e là, sembrano in attesa; il tutto appare come sospeso nel vuoto.

Art, meravigliato ma soddisfatto, esclama: «Perbacco, ma allora è proprio tutto vero!»

Egli prima di “partire” era scettico, incredulo, al massimo si aspettava qualche sorpresa dal suo “viaggio”, adesso è ammutolito, ma felice; quasi non crede ai suoi occhi per quello che sta vedendo e vivendo. Pensa e riflette: «Non so se sono morto; se tutto questo è ciò che succede agli umani dopo la morte, direi che finora è piacevole; ma ci sarà un giudizio, o qualcosa di simile e…incontrerò Dio? Il “viaggio”, è appena all’inizio, sono curioso e impaziente di vedere il prosieguo e la fine».

Art scende le scale mescolandosi fra la gente in attesa e osserva queste persone completamente immobilizzate nelle più strane posizioni. Vi sono anche donne e bambini, dai loro indumenti e dai volti sofferti, freddi come il ghiaccio, si può capire che è povera gente di razze diverse proveniente da ogni parte del mondo.

Art cammina lentamente lungo il corridoio fermandosi all’entrata di ogni locale; all’interno nessuno, c’è soltanto una enorme scrivania con sopra una montagna di carte svolazzanti.

Dopo aver visitato una cinquantina di questa sorta di stanzoni, Art si ferma scrollando la testa sfiduciato e deluso. A lato dell’ingresso di ogni locale sono appesi tre cartelli, sul primo è scritto: “Le deità sono fuori stanza”, sul secondo: “La deità è fuori stanza”, a seconda se la religione è monoteista o politeista; sul terzo, molto grande, è indicato per esteso la religione cui ogni locale fa riferimento: “Cristiani, Valdesi, Protestanti, Ortodossi, Calvinisti, Presbiteriani, Cattolici, Islamici, Buddhisti, Taoisti, Induisti con Brahma, Siva e Visnu la Trinità, ossia la Trimurti” e segue un lungo, smisurato elenco.

Un incredibile universo composito di dei, profeti, monaci, predicatori, mistici illuminati, santoni e quant’altro che rappresentano, ognuno per sé, una religione. Interessante è il numeroso pantheon degli dei egizi di due/tremila anni a. C. circa; i più importanti elencati sono circa una trentina, ai giorni nostri dimenticati ma sono parte importante della mitologia egizia, in cui la religione aveva un ruolo fondamentale di guida al potere per i faraoni. Oggi in Egitto la maggioranza religiosa è mussulmana; sono circa l’80%, i rimanenti sono copti, distribuiti nelle diverse correnti e qualche altra religione minore.

«Che siano andati in pensione? Tanto non muoiono mai!», rimugina sorridendo Art.

Nel lungo corridoio molte di queste persone in attesa sembra diano segni di vita, Art cerca di smuoverle, ma niente da fare, sono abuliche, sembrano addirittura in coma, se non morte.

Risale la scala da dove è arrivato e si siede sull’ultimo gradino; a quell’altezza può vedere chiaramente lo scenario sottostante con la dislocazione dei locali che ha appena visitato. Art è confuso, non riesce a capire il senso di cosa vede e si pone delle domande:

«Chi ci dovrebbe essere negli stanzoni? Che significato hanno quei cartelli? Che cosa fa o aspetta quella povera gente? In definitiva cosa vuol dire tutto questo? Qui nessuno apre bocca, sembrano veramente tutti morti e non c’è nessuno con cui parlare».

Come se qualcuno gli avesse letto nel pensiero, all’improvviso si fa buio e dall’oscurità emerge il profilo di una persona che avvicinandosi si fa più nitida sino a fermarsi di fronte a lui, a un paio di metri circa. L’oscurità si dissolve mostrando il nuovo personaggio; costui indossa un ampio mantello nero e il volto è quasi del tutto coperto da un cappuccio, parla con una voce femminile chiara, pronunciando le parole con calma, sillabandole con cura, senza guardare il suo interlocutore: «Art, posso rispondere io alle domande che hai appena pensato. La scena che vedi ha degli aspetti tutt’altro che semplici; comunque meriti una spiegazione, che al momento opportuno, tenterò di dare in modo comprensibile».

Art è sconcertato e pensa: «Chi è costui, o…costei?».

Inspiegabilmente nella mente si forma l’immagine dell’ospite di quella sera particolare a casa sua mentre beve e parla proponendogli il fantastico “viaggio” che ora sta facendo oltre lo spazio e il tempo. Come se la sua mente fosse guidata, Art comprende che l’essere che gli sta di fronte è in qualche modo collegato con quell’ospite, ma costui si presenta in una veste diversa, strana, come fosse spirito, legge i suoi pensieri e chissà cos’altro.

Perché quell’ospite, elegante, gentile, al quale, chissà perché, aveva creduto ingenuamente, dato fiducia ad ogni sua parola, ora gli ritorna in mente? Art si ritrae sospettoso. Ma l’incappucciato gli parla con tono amichevole:

«Ascoltami Art, comprendo le tue paure, tutto è molto difficile da capire; qui sei fuori dalla dimensione percepita dall’uomo, sei oltre la materialità umana; nella scienza dell’uomo è detta “4° dimensione”, un luogo invisibile, senza tempo, che fluttua in qualche parte dell’universo; esso è popolato da forme incorporee, spiriti che possono anche prendere sembianze umane. Siamo noi, conosciamo bene l’uomo e la sua storia e in certe situazioni pure capaci di correggerne il corso, ma inspiegabilmente tutto è precipitato, anche nella nostra dimensione è il caos».

Art ha capito, ma è confuso e lo confessa:

«Tutto questo va oltre la mia comprensione di uomo semplice, tuttavia riconosco e ringrazio per avere avuto questa possibilità unica, devo solo capire come andrà a finire».

Intanto l’incappucciato prosegue:

«Uno di “noi” ti è stato inviato, parlo dell’uomo che è stato tuo ospite quella sera, abbi fiducia, come hai potuto renderti conto pochi hanno avuto il privilegio di questo “viaggio”, ma ricordati la promessa; tutto ciò che ascolterai e vedrai non dovrà mai essere riferito ad alcun essere vivente, se vorrai ritornare al mondo, alla tua realtà. Comunque ho facoltà di leggere nel pensiero e potrebbe ritornarci utile».

La risposta di Art è decisa:

«Sono un uomo di parola; io rispetto e ho sempre rispettato i patti».

Chiarita la cosa i due scendono insieme la scala, mentre l’incappucciato, che non mostra il volto, ancora gli parla:

«Caro Art, la tua vita terrena è stata bella, interessante e ricca di esperienze, senza mai danneggiare o far male ad alcuno, anzi, aiutando il prossimo. Tuttavia, all’approssimarsi della vecchiaia, sei ancora avido di conoscenze, quello che hai fatto e visto non ti basta, vuoi vedere e conoscere cose che all’uomo non è dato sapere; tu vuoi fare tutto questo pur sapendo che comporta grossi rischi. Ebbene, voglio premiare il tuo coraggio facendo un’eccezione e stando ai patti stabiliti fra noi, potrai vedere cose incredibili a un essere umano».

Percorrono un breve tratto di corridoio sino a che l’incappucciato entra in uno stanzone, si siede accanto alla scrivania invitando Art a sedersi di lato, non di fronte, poi gli dice: «Siediti; ora dimmi quali sono i dubbi che ti travagliano, cosa vuoi sapere e soprattutto capire».

 

Condividi questo articolo