Il discorso è difficile e impegnativo e lei ne accusa tutto il peso e le responsabilità; il potere di cui dispone non è sufficiente per intervenire in questa enorme, aggrovigliata matassa di religioni.
La sua figura sembra farsi più minuta, più curva, come gravasse su di lei un peso insopportabile. Tuttavia riprende a parlare e si rivolge ad Art quasi con rabbia:
«Il cristianesimo e il cattolicesimo unite insieme, hanno l’impudenza di considerarsi le uniche, vere religioni; un dogma. La stessa cosa affermano i capi di tutte le altre espressioni religiose, sia monoteiste che politeiste. Non ha importanza che esse abbiano pochi o tanti credenti e quale sia il numero delle chiese, che poi significano soltanto “maggiore potere temporale”; ai miei occhi sono tutte eguali. Se poniamo sullo stesso piano un cinese, un indù, un asiatico, un africano, un europeo, o un “bianco” in generale e quant’altri professi religioni diverse, in forza di un giudizio imparziale, non è neppure pensabile, tantomeno giusto, dire a costoro che il loro credo religioso è confutabile o sbagliato nel confronto con altri. Eppure questo comportamento, è la causa prima delle tante guerre di religione che dalla comparsa dell’uomo sulla terra devastano il pianeta».
A questo punto lei tace nuovamente per riprendere forze, mentre Art rimane in silenzio, pensieroso. Egli riflette sul momento straordinario che sta vivendo, o forse no; invero non lo sa. Una virtù, la Verità, che si presenta in forma incorporea nei panni femminili di uno spirito buono e che discute con lui; ancora non gli sembra vero.
Intanto lei, che ha letto nella mente di Art, sorride lusingata dai pensieri dell’uomo, quindi riprende a parlare:
«In questi tempi la Verità è posta in un canto, nessuno si cura di lei; è dileggiata, derisa, passata in second’ordine in nome dei dogmi religiosi e scientifici imperanti nel nuovo mondo tecnicistico. Eppure la verità è un bisogno fondamentale dell’anima nell’essenza dell’essere, perso questo riferimento l’uomo rimane solo con sé stesso, si liquefa nello stesso crogiolo tra falsità ed egoismi, distorcendo la verità per i propri interessi personali, per sete di denaro; che è l’unico, indiscusso, concreto dio visibile».
Art con un gesto della mano l’interrompe deciso:
«Tutto giusto, tutto vero ma questo luogo in cui ci troviamo, cosa significa, cosa vuol dire; infine qual è il rapporto con la verità; domande alle quali non ho ancora ricevuto risposta!»
Lei risponde garbatamente riprendendo dal dio denaro:
«Hai ragione Art. Il luogo in cui ci troviamo, sconosciuto all’uomo, ma adesso non a te, ne è la prova; in queste stanze non c’è nessuno. Dove sono i possenti dei che regolano i moti dell’universo, il trascorrere del tempo, delle cose, la vita stessa dei popoli che in loro credono, pregano, fanno sacrifici. Nel lungo corridoio vi sono i credenti di molte religioni che attendono inutilmente da tempo immemorabile un segno, una presenza; oramai sono spiriti senza speranza e i loro poveri resti giacciono sepolti in qualche luogo, in attesa di un fallace atto divino. La morte e poi il nulla: ecco la scomoda verità! All’uomo non basta credere in sé stesso, non ne è capace, è un essere fragile e cerca aiuto da qualcuno o qualcosa modellato a sua misura, che sia solo suo e di coloro che credono alle sue convincenti parole di predicatore. Così ben congegnato, l’inganno è pronto per essere diffuso».
L’ultima frase è detta con un filo di voce, poi lei tace.
Art è perplesso nell’ascoltare le dure parole di questa strana immagine che incarna la Verità. Una virtù, un’entità astratta che prende forma di donna, la quale non crede nell’esistenza di un dio, di dei, di dee. Ѐ un paradosso, una contraddizione che lui semplice uomo non comprende e vuole una chiara, comprensibile spiegazione.
Lei tenta di spiegare come può, come sa:
«La verità l’ho già detta e tu hai avuto buoni occhi per vedere e orecchie per sentire, “la morte e poi il nulla”. Leggo nella tua mente che vuoi sapere chi e cosa sono; la mia natura, la mia origine non mi è dato conoscerle; anch’io faccio parte del gran mistero dell’universo; non sono in grado di dirti altro. Ma credo che tu abbia capito tutto, lo so. Ricordati Art; per tutta l’umanità basterebbe un solo dio buono e giusto a mettere ordine, ma è impossibile, non accadrà mai nella dimensione degli umani viventi».
Intanto l’immagine di lei lentamente si dissolve, ma ha ancora qualcosa da dire:
«Il mistero dell’universo e nell’universo è ancora fitto; la cosmologia è la scienza umana che lo studia e dà spiegazioni scientifiche, materiali; la religione dà spiegazioni religiose, attraverso la teologia; scienza che studia dio e i rapporti con il mondo; ovvero la certezza dell’opera di una o più potenti entità divine invisibili creatrici del tutto e lo fa con grande abilità, con mezzi atti a convincere di essere nella verità. Una cabala di non poca importanza cui si dovrebbe credere, ma secondo quali prove concrete e a quali misteriosi artifici? Un dilemma da sempre ancora irrisolto.
In fondo l’uomo è l’eterno bambino che crede nelle favole, dove un mago o una fata risolvono tutto con la loro bacchetta magica, ma è una comoda e redditizia verità non vera, contraddittoria, come già ho detto.
Caro Art, come vedi mi sto dissolvendo, non ho più energia, ma sono riuscita a terminare il mio compito; chissà forse ci rivedremo an…co…ra».
Mentre l’ultima, frammentata parola si perde nel silenzio, la sua immagine si trasforma in una piccola palla di luce che lentamente sparisce, poi il buio.
Art si trova all’improvviso solo in questo luogo opprimente e ha paura, ma soltanto per qualche attimo, poi subito si rinfranca. Esce da questa sorta di stanza-ufficio ritornando verso la scala, il suo punto di partenza.
Intorno tutto è rimasto immobile, come se il tempo si fosse fermato. Egli risale la scala sino in cima, fermandosi sul pianerottolo, di fronte alla porta da dove era entrato e che ora si è aperta.
Appena superata la soglia Art si volta e rimane stupefatto nel vedere che il luogo visitato in precedenza si è trasformato in un insieme di cumuli nebbiosi ribollenti e scuri; quello che aveva visto con la Verità non c’è più, come se tutto fosse stato inghiottito nel vortice della spessa nebbia. L’uomo resta ad osservare estatico, come rapito da questo straordinario spettacolo poi si scuote, si volta e riprende il breve tratto di sentiero dal quale è arrivato. Fatto pochi passi il sentiero si divide in percorsi diversi che scendono nella fitta nebbia. Ne sceglie uno a caso e si avvia quasi di corsa; d’improvviso si blocca alla vista, proprio di fronte a sé, di un capanno con una porta aperta; Art indugia qualche attimo, poi entra guardingo. Si trova in un bel locale, che a osservarlo attentamente lo riconosce: si trova proprio nel suo studio e la vista degli oggetti personali che vi sono sparsi qua e là lo convincono del tutto. Vi sono i suoi mobili, i suoi oggetti e le due porte; quella da dove è entrato e l’altra che si apre sul pergolato che dà nel ben curato giardino. Dovrebbe essere sorpreso, ma non lo e più, oramai è avvezzo alle sorprese, ma la persona che era sprofondata nella sua vecchia poltrona e che ora è in piedi porgendogli la mano per salutarlo sorridendo…eccome se lo sorprende! Ѐ proprio lui, l’uomo che l’ha iniziato al grande viaggio. Art ricorda che costui, in quella sera memorabile, non gli aveva rivelato il suo nome, aveva detto di essere il Messaggero e adesso capiva il perché.
I due si salutano con cordialità, si siedono e parlano; a dire il vero è Art che parla, un fiume di parole. Racconta con dovizia di particolari tutti gli accadimenti successi nel fantastico viaggio con Verità, la quale gli ha mostrato senza timori riverenziali, quasi a liberarsi di un peso tremendo, la drammatica situazione dell’Empireo, l’universo di questi fantomatici Dei.
L’uomo ascolta con pazienza tutta la storia e al termine Art, con un lungo sospiro, termina con la frase: «Basta, ho proprio finito!»
L’uomo, o meglio il “Messaggero”, con un sorriso compiaciuto gli risponde con queste parole:
«Il mio compito finisce qui, ma prima di andarmene devo chiederti di fare una scelta importante; ne hai avuto facoltà. Quando in questo studio, nella tua casa, ti avevo detto che potevi ritornare fra la tua gente, ma a condizione di non parlare mai con nessuno del viaggio, non avevo accennato a un’altra possibilità per un buon motivo; perché dovevo osservare i tuoi comportamenti. Ebbene, sei stato “promosso”, per cui il tuo viaggio ora è a un bivio. Hai l’opportunità di fare due scelte: qui, in questo “doppio” del tuo studio vi sono due porte utili per entrare, o uscire; in quella da cui sei entrato puoi uscire per ritornare nella terza dimensione, quella terrena a casa tua. Se esci dell’altra porta entri in una dimensione superiore, sita in uno spazio senza tempo, dove potrai vedere il Tutto e del Tutto, il passato, presente e futuro, un Tutto che è invisibile alle altre dimensioni; in quel luogo vige l’immaterialità e l’immortalità. Tuttavia, se questa sarà la tua scelta, dovrò porti un’ultima condizione per noi fondamentale; anche se sei un uomo di parola ma sei pur sempre un essere umano di natura fallace, con virtù e difetti e noi dobbiamo tutelarci da ogni pur minuscolo dubbio. Non ti devi offendere, la scelta che hai fatto ti conferisce poteri quasi illimitati, ed è un viaggio senza ritorno: si tratta di una condizione che ti avevo taciuto perché richiede grande saggezza e fermezza nelle scelte, tenendo conto di cosa sarai e i ruoli importanti che avrai in futuro. Con l’assenso ho il potere di cancellare dalla tua memoria tutto il tuo passato da uomo, inteso quale essere umano.
Ti trasformerai in un’entità incorporea, che, all’occorrenza, può mutare sembianze per breve tempo ma una sola volta in uomo e mai più. Sarai spirito e mente che si apriranno alla conoscenza del grande mistero del Cosmo. Ѐ l’eterno desiderio di conoscenza del Sapere che hanno gli uomini, ai quali tuttavia non è, e mai sarà dato di conoscere, causa la loro ingordigia, invidia e falsità, come ti ha ben illustrato Verità. Un ordine universale che è stato stravolto da eventi imprevedibili, ma il tutto sarà, al momento opportuno, ristabilito anche attraverso il ruolo che ti verrà conferito. Ora il mio tempo è scaduto, fai la tua scelta».
Art è confuso, travolto da questi avvenimenti incalzanti e quasi incomprensibili per un uomo semplice come lui, deve riflettere. Poi all’improvviso ha una reazione:
«Per la miseria, c’è poco da riflettere! se questo è un sogno, mi dovrò pur svegliare e tutto ritornerà come prima, no no; questa ipotesi non mi piace affatto. Ma se non è un sogno allora è fantascienza, o qualcosa di simile, di eccezionale e incredibile che mi è dato di conoscere; a questo punto è un’opportunità alla quale non voglio rinunciare per nulla al mondo, pur correndo tutti i rischi che questa situazione, piuttosto ingarbugliata, mi prospetta. Allora con un’alzata di spalle e un sorriso compiaciuto esclama: «Ma si, vada come vada, andiamo!».
E si avvia deciso aprendo la porta verso l’ignoto accompagnato dal Messaggero.
Taurinia, 30 settembre 2170
La terza guerra mondiale è al culmine, quella che era una splendida città è ridotta a un cumulo di rovine. In uno spiazzo cosparso di macerie i militari allineano in lunghe file ordinate le casse contenenti i poveri morti in attesa di dare loro almeno una provvisoria sepoltura. Si tratta di un’ordinanza d’urgenza della città per l’utilizzo di posti nel vecchio cimitero generale, il quale in buona parte è stato distrutto, tuttavia il settore del seminterrato è ancora funzionale. Si utilizzano molti vecchi loculi, i quali, per necessità, sono stati svuotati dalle storiche casse malandate per assegnare un posto alle numerose, tristi sepolture. Nell’ampio corridoio alcuni uomini stanno svuotando gli ultimi loculi, quando un’esclamazione di sorpresa fa accorrere i soldati. Nello spostare una cassa, un ostacolo improvviso, un urto la fa scivolare dalle mani degli operai aprendosi rivelandone un contenuto sorprendente. Nella robusta cassa non c’è il contenitore sigillato in zinco, l’interno è ben addobbato con trini ricamati, sopra è posato in bell’ordine un elegante doppio petto grigio; dall’interno della giacca si nota la camicia bianca e colletto con cravatta scura. Ai piedi, appoggiate ai lati della cassa, un paio di scarpe nere di ottima calzoleria fa bella mostra. Ѐ senza dubbio un bell’abito completo ma vuoto, che non veste nessun corpo, il quale, non si sa come e perché, sembra sia svanito, smaterializzato. Un particolare a dir poco strano, è che all’occhiello della giacca sono infilati alcuni “Non ti scordar di me”, piccoli fiori azzurrini che sembrano appena posati, freschi di giornata. Sul coperchio è fissata una targa in bronzo con scritto:
Artemio Temidoro Giustafili
1938 – 2013
In viaggio volontario per l’ignoto alla ricerca della verità.
I soldati/operai si sprecano in commenti sulla strana cassa ridendo sguaiatamente; nel contempo controllano se vi sono oggetti più o meno preziosi da intascare, appurato che non vi è nulla d’interessante, ed essendo mancante il cadavere, quattro di loro spostano a lato la cassa per la demolizione. Mentre armeggiano con gli attrezzi compare un uomo in un’elegante divisa, probabilmente un ufficiale, perché la squadra scatta rapida sull’attenti. Il graduato si avvicina alla cassa, osserva attentamente il contenuto e la targa sul coperchio, poi con piglio deciso ordina la riposa del coperchio, la ricolloca nel suo loculo e la chiusura dell’apertura con malta e mattoni. Gli operai-militari eseguono il lavoro sotto lo sguardo attento dell’ufficiale, il quale, soddisfatto, saluta militarmente, gira i tacchi e si allontana.
Il graduato non è ancora giunto al fondo del corridoio che l’urlo delle sirene d’allarme squarcia il silenzio. Rapidi gli uomini si raccolgono, si contano e spariscono veloci.
Esplosioni, spari, urla, lamenti, stridio di ruote e gomme riempie l’aria; nel lungo corridoio seminterrato del cimitero una calma apparente prelude a qualcosa di terribile. Una serie di poderose esplosioni scuote i muri fradici del seminterrato, poi tutto crolla in un boato, spianando tutto l’edificio soprastante.
Finita la paura, la sera è dolce; un uomo in divisa da ufficiale osserva il luogo ove poco prima dava ordini nel cimitero: ora è tutta una spianata di macerie.
Come un’ombra inquieta s’inoltra nel buio mormorando: «Stupidi uomini; perché un’altra guerra fratricida? Dove sono i vostri Dei protettori che tanto pregate e adorate? Perché credete così testardamente in loro? Questa è l’ultima guerra che scatenate nel vostro pianeta Terra infliggendo ancora morte, desolazione e distruzione.
Popoli della Terra: fra breve un nuovo ordine spaziale darà al vostro mondo protezione, usando riguardo e cura a tutti i tesori della natura terrestre ancora esistenti, ovvero, quelli superstiti dalle vostre irresponsabili e folli devastazioni e voi ne sarete esclusi per sempre; vi sostituirà in toto un popolo di umanoidi».
Carlo Ellena