di Carlo Ellena

La Costituzione italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, è sempre stata un problema, per così dire, “costituzionale” per i suoi intendimenti, influenzata com’era in parte, dalla caduta del sistema collettivistico comunista. Tant’è che era stata pensata in un certo senso, come “provvisoria”, appunto per evitare il modello di comunismo integrale. Le opinioni negative di G. Miglio su questo modello, poggiavano su ragioni storiche solide, motivate da una profonda conoscenza del paese. Infatti, egli credeva fermamente e con ragione, che una buona parte degli italiani avessero una vera vocazione per l’economia collettiva e per lo stipendio pubblico assicurato e garantito dalla forza politica che lo portava in dote quale sistema proprio.

Un modello economico imposto dai russi con metodi non proprio pacifici in Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia. Il P.C. era convinto di un passaggio politico pacifico in Italia, proprio per le ragioni suddette e giungere in modo legale al potere, ovvero, senza usare la forza.  Ma G. Miglio aveva un’opinione ben precisa sui “lati oscuri” di questa nostra Costituzione; era convinto che essa fosse stata creata con un doppio senso. Nel suo insieme, si presentava, in modo formale, con una struttura liberal-democratica ma a uno studio più approfondito, conteneva dichiarazioni di principio atte a essere interpretate in modo da aprire le porte al modello collettivo, ossia il comunismo.

Riassumendo i fatti; nell’attesa degli eventi le sinistre compartecipavano ai vari governi, frenando e impedendo lo sviluppo liberal-democratico della Costituzione.

A fronte di maggioranze filo-liberali, è il caso di dire, “all’italiana”, imbelli e corrotte ma protratte nel tempo; il P.C., poi Quercia, Ulivo, P.D. e altre sigle, consolidava con determinazione la sua posizione, occupando i punti chiave dello Stato, delle regioni, province e città, dimenticando, nella corsa al potere, la vera vocazione popolare del partito. Tutto questo colludere immorale, ha avuto costi tali da impoverire e dissanguare il paese. Colpa da imputare ai colpevoli silenzi e l’indifferenza non solo alle sinistre ma a tutte alle altre forze politiche, complici nell’alternarsi di maggioranze ormai fatte sistema. Ai giorni nostri, le due ultime consultazioni popolari, veramente popolari, vale a dire “fatte dal popolo”, hanno dimostrato il fallimento di una classe politica incapace, pericolosa, che peraltro, con un’arroganza senza pari, arringa in parlamento la nuova maggioranza di Governo, rimescolando e mentendo su tutto ciò che loro stessi, in almeno dieci lustri, hanno fatto. Costoro meriterebbero il trattamento riservato da Luigi Einaudi alle sinistre, che, nel maggio del 1947, ne decise l’esclusione e l’allontanamento dal governo.

A quel tempo il precipitare della situazione con il dollaro a 430 lire e poi a 600, per Einaudi era giunto il momento dell’assunzione diretta di responsabilità di governo e assunse l’incarico di ministro del Bilancio con funzione di vice-presidente del consiglio dei ministri. La sua decisa azione, che l’aveva posto in urto anche con grandi potentati economici, ”riuscì in un anno ad arginare l’inflazione e a stabilizzare la lira”. Ma “questo era un campione della libertà economica e dell’ortodossia finanziaria”, oggi, purtroppo, inesistente nel panorama politico.

Ai giorni nostri, aggiungerei d’istituire, a tempo e luogo, una Commissione d’inchiesta per esaminare l’operato dei governi di sinistra nei decenni passati e i silenzi criminali di tutte le altre forze politiche sui perché della fuga dall’Italia della FIAT. La gente deve sapere.

Per l’Italia, il modello “Federale” è giunto oramai all’improrogabile necessità di realizzazione, onde creare una “divisione dei poteri”, che è l’extrema ratio per bloccare, senza tentennamenti, al dilagare della corruttela, del declino e tragico impoverimento del paese. (Frasi in grassetto da”Luigi Einaudi” di G. Marongiu).

Notare il rapido capovolgimento politico illustrato nelle immagini sottostanti.

(Tratto da: TODAY – Foto del 31 gennaio 2018)

Situazione dell’ITALIA politica nel 2004

 

Situazione dell’ITALIA politica nel 2009

 

Situazione dell’ITALIA politica nel 2014

Come mostra la cartina, nel 2014 e con un incremento negli anni successivi (sino al 2016), il dominio del potere rosso nel paese è stato assoluto; d’altra parte lo era da ben oltre quarant’anni occupando, con i suoi uomini, la quasi interezza dell’apparato-servizi dello Stato, scuole pubbliche comprese, ovvero; i dipendenti pubblici di ogni ordine e grado operanti nei comuni del paese.

 

Segue l’articolo originale: Elezioni politiche, la mappa della nuova Italia post voto (Martedì 6 Marzo 2018). Il Mattino tratto da https://www.ilmattino.it/speciale_elezioni/politiche_18/elezioni_mappa_italia_collegi-3589391.html

 I COLLEGI AL SENATO
Nelle Regioni centrali Lega e Forza Italia sono (quasi) senza rivali. Solo in Toscana il Partito democratico mantiene il primato, anche se di poco. Il Movimento 5 Stelle fa il pieno nelle Marche ma è indietro nel Lazio.
I COLLEGI ALLA CAMERA
In Abruzzo e Calabria il centrodestra frena l’avanzata dei grillini. I territori meridionali vanno a M5S, che ottiene il “cappotto” in sei Regioni. Disastro totale per il centrosinistra: resta all’asciutto al di sotto del Lazio.

 

Le immagini parlano da sole; siamo alla resa dei conti e solo oggi iniziamo a pagare i costi salatissimi dei madornali errori commessi. Le sinistre rosse, in combutta con i burocrati di Bruxelles e i sindacati CGIL, CISL, UIL, veri artefici del disastro italiano, hanno causato la fuga e il fallimento di migliaia d’imprese, creando miseria e disoccupazione, con il risultato di portare i cittadini all’esasperazione, poi esplosa con rabbia, nelle votazioni politiche del 4 marzo 2018, le quali hanno ribaltato in toto l’assetto politico del paese. Un vero “caso” senza precedenti nella storia della Repubblica Italiana. Chi ha pagato e paga i costi altissimi del crollo occupazionale, è il settore dell’artigianato, proprio per la ridotta dimensione delle imprese, le prime ad accusare i contraccolpi delle crisi, com’è successo nell’indotto FIAT piemontese.
L’artigianato (il vero termometro dell’imprenditoria), è sempre stato una vocazione per Piemonte, in particolare Torino e provincia, perché forza propulsiva per il lavoro autonomo: scuola di vita, voglia d’indipendenza, di essere imprenditore, stimolo per l’inventiva; forgiare idee, primeggiare, competere; settore nel quale la meritocrazia è dovere per i migliori. Purtroppo, qualità che si stanno perdendo; la prima è l’idea del lavoro quale fonte di benessere; grave colpa è stata il ribaltamento della “concezione” del lavoro, oramai ridotto a fastidiosa necessità e l’insegnamento con sfondi politici inculcati con metodi subdoli per educare e istruire non giovani pensanti ma burattini incapaci, buoni a fare poco o nulla. Questo ha fatto la Scuola per oltre quarant’anni.

Effetti; il trend per l’artigianato, a partire dal 2007, ha segnato un costante calo, sia nella produzione, sia negli occupati, come si può osservare dai grafici sottostanti.

L’assestamento nel 2017 è fisiologico; è l’attesa per le nuove votazioni politiche.

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