Il Salone del Libro di Torino 2019
Immagine tratta da www.lettera43.it

?

Nato quale “tempio” della cultura torinese, europea e internazionale si è trasformato in una meschina disputa politica scatenata dagli “intellettuali” comunisti torinesi nei confronti di una piccola Casa Editrice (l’Altaforte) che promuove idee non gradite agli organizzatori.

Nel “tempio”, si dovrebbe promuovere soltanto cultura; ovvero, “i libri”, favorendo la produzione cartacea, con l’occhio rivolto ad altri settori culturali d’ispirazione laica e democratica e pur sempre liberi di esporre il loro pensiero in un dibattito civile e aperto dentro e fuori le pagine di un libro. Il dibattito è innovazione, progresso.

Torino, senza inutili giri di parole, è una città comunista (per cui tutto si muove solo con il consenso del regime), come l’Ente Regione Piemonte del presidente Chiamparino, che va a braccetto con la sindaca Appendino, un personaggio incolore che veste l’abito del nuovo comunismo all’italiana; che è quello molto pericoloso dei penta-stellati.

Spiace molto lordare con politica d’infimo livello questa importantissima Casa-Cultura ma il PD, vale a dire i soliti comunisti, hanno nel loro DNA questo malefico potere di appropriarsi e avvelenare con ogni mezzo e con un livore palesato a parole, idee e fatti, amplificando a dismisura situazioni diversamente sanabili con la discussione e il confronto.

Questa perentoria esclusione della C.E. Altaforte, non ci trova impreparati e ha purtroppo, come in altri gravi accadimenti, un forte sapore di “decisione politica”, imposta con arroganti atti d’imperio, trincerandosi dietro il potere costituito di un incarico oramai a fine mandato.

Il libero confronto, la discussione, il serio e costruttivo dibattito sono prerogative del buon governo. Non si può tappare la bocca all’avversario con la prevaricazione e la forza, o peggio, abusando della propria influenza politica.

Questi fatti sono il segnale indicatore di un regime ottuso e persecutorio. Tutti hanno potuto costatare con quale sistema vergognoso il signor Renzi ha perseguito Berlusconi; una sorta di colpo di Stato passato tra complicità e l’indifferenza generale. Un altro caso ma che diverge in peggio, è stato compiuto dai politici comunisti e di tutto il personale portuale, disobbedendo a un ordine preciso del Ministro dell’Interno Matteo Salvini; sono i fatti relativi alla nave Diciotti, una brutta faccenda che fa emergere a quale livello di “regime” e d’anarchia siamo giunti.

Matteo Salvini (eletto da tutti i cittadini italiani), dal giorno che è salito al “colle”, non ha ricevuto che insulti e subito intoppi tali da precludere ogni tentativo mirato a lavorare. Ci auguriamo che le prossime consultazioni europee e nazionali sanciscano la definitiva dipartita del “regime”.

Ritornando a quella grande opportunità che è “La fiera del libro”, nata a Torino nel 1988, poi realizzata quale poderosa macchina internazionale di cultura che lanciava all’infinito messaggi del “sapere” piemontese in un crogiolo di studi e ricerche, ha vissuto e vive tuttora costantemente il pericolo di chiusura, nonostante il clima d’ottimismo ostentato.

Esso rappresenta un’operazione geniale invidiata, straordinariamente preziosa quanto nobile ma sottostimata per mera ottusità da chi di dovere e sempre prossima al naufragio. La sua storia gloriosa è la fotografia in bianco e nero dei fallimenti di Torino, una città che da fiorente capitale industriale del lavoro produttivo, in quattro o cinque lustri si è trasformata in un grande ente assistenziale. Ridotta a una suburra, essa sopravvive con i facili fondi europei, il traffico di “schiavi” e di droghe, gestito dai nuovi piemontesi extracomunitari (senegalesi in prevalenza) che agiscono pressoché indisturbati, mentre ogni settimana si contano decine di chiusure e fallimenti delle nostre aziende. La mia nativa “Barriera di Milano”, borgo operaio per antonomasia, oggi è questo.

 

E pensare che nel 1996 le premesse erano non solo ottimistiche ma addirittura strabilianti. Si stava costruendo la struttura de gli: “Stati Generali del Piemonte”, il cui insediamento era fissato a Torino il 29 giugno 1996 al Lingotto, Auditorium Giovanni Agnelli.  Sotto le copertine dei documenti, con all’interno i contenuti (non pubblicati per esigenze di spazio).

 

Stati Generali del Piemonte – copertina

 

 

I partecipanti dell’insediamento; all’interno la pronuncia degli intenti.

Stati Generali del Piemonte – I partecipanti

 

 

Il documento programmatico con gli interventi dei vari partiti.

Stati Generali del Piemonte – Il documento programmatico

 

Questo ambizioso progetto, poi naufragato con la fine della presidenza Ghigo e per i successivi disaccordi interni della nuova maggioranza in Regione, contraria ad alcuni punti nodali del programma. Progetto in seguito “dimenticato” da tutte le  amministrazioni succedutesi, arrivando sino a oggi ad un livello di infima qualità.

Carlo Ellena

Condividi questo articolo