Categoria: Museo Egizio

Ancora a proposito del Museo Egizio di Torino

Aggiornamenti

Comitato EgitTO

 

«Nessun accordo è stato ancora firmato e sono tuttora in corso le opportune valutazioni di fattibilità del progetto al fine di produrre una bozza di accordo condivisa e definita…», spergiuravano alla fondazione del Museo Egizio.

 

Sono passati appena una ventina di giorni, ma le bugie hanno mostrato le loro gambe corte. A Catania sono tornati a sbugiardarli, dimostrando di avere le idee chiare e ribadendo che l’accordo ufficiale «a inizio anno è stato firmato (…) per l’apertura di una sezione del Museo Egizio piemontese nella città etnea».

Non solo, ma hanno piena coscienza delle tempistiche e degli obiettivi«entro la prossima settimana è previsto il bando per gli interni. (…) i lavori di ristrutturazione, e quelli che seguiranno, seguono la guida direttamente del Museo Egizio di Torino. Il cantiere dovrà essere completo entro giugno e nei sei mesi successivi sarà consegnato all’azienda che si occuperà dei lavori e che dovrà concluderli entro un semestre. La prima scadenza fissata è per ottobre, mese in cui le stanze dovranno ospitare i primi manufatti del Museo Egizio».

 

Poiché in Comune sia il direttore Greco che la soprintendente  Papotti hanno detto che “nessun accordo è stato ancora firmato”, ci dovremmo aspettare che la fondazione e la soprintendenza smentiscano queste nuove affermazioni – che i media di Torino continuano a tacere. Perché delle due l’una: o mentono a Catania, o mentono a Torino. In questo caso dovrebbero entrambi dimettersi e il Comune dovrebbe riconsiderare profondamente il suo impegno nella fondazione.

 

Purtroppo, ciò che emerge chiaramente è la logica politica sottesa a tutta l’operazione, di cui i soggetti coinvolti sono gli esecutori, che consiste, come ha dichiarato Greco, nel «radicare ancora di più il museo nel territorio nazionale». In altre parole, come è gia capitato decine di altre volte, da Torino chiunque può portare via ciò che vuole, confidando sulla complicità degli amministratori locali e sull’omertà e la malafede dei mezzi di informazione.

Ora è il turno  della cultura: Torino dovrà prepararsi a perdere quanto più possibile di ciò che la rende unica, rassegnandosi a vedere disperso quanto del proprio patrimonio risulterà trasferibile e “condivisibile” (che in neolingua significa “a disposizione degli amici degli amici”).

 

Alla faccia della propaganda, l’operazione scippo è stata condotta con assoluta arroganza, contro gli interessi di Torino e sopra le teste dei cittadini – che non erano nemmeno stati informati. Quando, in pochi giorni, sono state raccolte oltre 12.600 firme contro la sciagurata manovra, la fondazione ha diffidato la cittadinanza – come se le antichità raccolte e custodite con amore in oltre 250 anni fossero cosa loro e ne potessero disporre a loro gusto e piacimento.

 

«Se e quando verrà formalizzato l’accordo con Catania», dicevano Christillin e Greco, prendendo apertamente in giro (?) i Torinesi e accusando il Comitato di diffondere notizie false. La soprintendente Papotti dichiarava che il percorso che doveva portare i reperti torinesi a Catania era appena «agli stadi iniziali».

 

Non era vero niente, oppure a Catania si sono bevuti il cervello. Vale la regola: dite quello che volete, ché tanto andiamo avanti lo stesso?

 

Noi ci auguriamo che i Torinesi sappiano manifestare il coraggio che ora serve per non lasciare ancora depauperare la loro città, non dando retta a coloro che parlano a nome di interessi che non sono quelli della capitale del Piemonte.

 

http://egit-to.blogspot.it/2017/03/a-catania-partono-con-i-bandi-bugie-con.html

 

Comitato EgitTO http://[email protected] [email protected] Facebook: https://www.facebook.com/groups/769386326542490/?fref=ts

 

Cari amici,

a questo punto la raccolta firme serve poco o nulla, il tempo gioca a loro favore, per cui servirebbe un atto più incisivo, ovvero; attraverso un’attenta preparazione all’azione, occupare il Museo. Ma confesso che sono pessimista in partenza, sento già nelle orecchie la solita, vecchia frase tipicamente attendista dei sonnolenti piemontesi: “esageroma nen”.

A l’arvista!

 

Ancora a proposito del Museo Egizio di Torino

La città nella quale vive dal 1824 il Museo Egizio, ha una storia architettonica che ci riconduce alla sua complessa vicenda umana, un insieme di pietre, mattoni, legno, ferro e la capacità e l’intelligenza di uomini e donne, il tutto fuso in un crogiuolo nel quale si è plasmata Lei: Torino. Un’architettura incomparabile costruita per il potere e dal potere. Per secoli è cresciuta e si è modellata agli usi utili al momento: un miscuglio creato da abili architetti che unisce in un insieme eccezionale opere di guerra; la “Cittadella”; e strumenti di pace; le chiese, dall’arte in stili multiformi di palazzi nobiliari straordinari nella ricercatezza della perfezione nelle forme. Tutta la città sembrava ripercorrere in moto continuo il suo tempo come un corpo vivo e pulsante.

Oggi questo corpo è cambiato ma non il Suo spirito, cambiata è la gente ma non la Sua anima.

Guasti irreparabili sono stati inferti alle Sue pietre e ferite mortali alla Sua storia umana.

Scomparso, è l’amore per questo monumento di gloria; eppure camminare nelle Sue strade, nelle piazze, quasi si può ascoltare un pianto sommesso, allora; ecco, ferita sì, ma ancora viva. Sensazioni che prova, quasi inconsciamente nell’intimo di se stesso, soltanto chi è nato e vissuto “dentro” la città.

Il Museo, insediato nel palazzo Accademia delle Scienze, sito in via Accademia delle Scienze n° 6 da Carlo Felice re di Sardegna nel 1824, è stato il primo grande Istituto del genere, ed è il “cuore” di Torino. Aperto al pubblico nel 1831 e arricchito da nuove acquisizioni è ancora oggi il secondo dopo quello del Cairo.

Riporto integralmente un brano ricavato dalla prefazione del libro “Storia del Museo Egizio di Torino” del Prof. Silvio Curto, eminente egittologo, nonché Accademico di Francia e, purtroppo, mancato da poco tempo. Un ben triste lutto, non solo per la famiglia, ma per tutta la città, che tuttavia gli ha evitato di assistere a queste vicende boccaccesche, penose, tali da ridicolizzare il Museo, istituto nel quale ha impegnato studi e passione per trent’anni, venti dei quali come Sovrintendente.

…il Museo appare cosa ben diversa dalla collezione, della quale pure è figlio. L’una, inventata oramai da secoli era intesa ad appagare un desiderio di conoscenza o di contemplazione del bello; l’altro è rappresentazione tangibile del progresso dell’uomo in un segmento-crono ed ergologico. Di qui, e per il suo essere cosa del presente, il molteplice caratterizzarsi di tale istituto, che è bensì innanzitutto una raccolta di manufatti, sistemata in un edificio ed esposta al pubblico, ma anche e non meno necessariamente si colloca in un’attività scientifica che gli dà e ne trae respiro, comporta operatori che lo guidano e lo servono, un’organizzazione sociale che lo regge, apparati tecnici che gli assicurano il funzionamento e infine – e questo da pochi anni, e non a caso in coincidenza con l’era atomica – si integra per visitatori non più intesi al mero parlare e imparare, ma anche al collaborare per una nuova didattica e ciclo continuo di scambio informativo.

Considerare il Museo una semplice, fredda esposizione di reparti per attirare frotte di visitatori da spiaggia è un insulto al buon senso, all’egittologia e al culto millenario dei faraoni.

Carlo Ellena

 

 

 

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In merito al futuro del Museo Egizio di Torino

I tentativi italiani di rapina perpetrati a ciò che “è stato” torinese nella cultura, nel lavoro, nel senso del bello, dell’eleganza e del fare piuttosto che parlare, da ben oltre cinquant’anni proseguono senza sosta, adottando inganni, sotterfugi, promesse mai mantenute, sfruttando malamente quel senso all’obbedienza, alla solerzia, all’attaccamento al dovere che i torinesi e i piemontesi proprio per la loro storia avevano inculcato nel profondo di loro stessi.

I torinesi di un tempo si misuravano come i parigini, in quanto all’amore sviscerato per la loro città.

L’ultimo tentativo, o proposta mascherata, quella di aprire una succursale, o meglio una consorteria del Museo Egizio a Catania, ha invero dell’incredibile e non è detto che non ci riescano. Tutto dipende dal grado più o meno grave di decadenza morale e superficialità degli attori interessati e sono molti, anche torinesi, sono quelli di oggi, che hanno perso ogni senso di “torinesità”, intendo amore per la propria città, bisogna leggere il libro “Torino” di Vera Comoli Mandracci per capirlo. L’aspetto inquietante di questa faccenda è proprio la superficialità, per non dire altro, con la quale gli attori di ambo le parti dimostrano; Torino da un canto, Catania per un altro.

La presidente della Fondazione del Museo Egizio è la signora Cristillin, eccola di nuovo. Una tuttologa che colleziona posti di potere come tappi di bottiglia e lei che con le istituzioni museali torinesi preposte abboccano ancora, come sempre e alla richiesta catanese rispondono: perché no? “Non abbiamo posto per altri reperti pensateci voi catanesi”; tutto risolto. C’è persino un ministro, o qualcosa del genere, un tizio mi pare si chiami Franceschini, che in risposta alle proteste dei cittadini torinesi (mai informati) li taccia quali “provinciali”. Mai come in questa parola emergono la lontananza di Roma da Torino e la pochezza dell’uomo; bene che egli reciti il miserère.

Catania è una bella città con una grande storia, essa riflette il carattere della sua gente, molto aperto, diverso dalla nostra gente e il suo sindaco non deve parlare di Italia quando si tratta dell’Egizio.

Il Museo Egizio è Torino, la sua storia non è scindibile, esso rappresenta l’anima, il cuore e anche il carattere dei torinesi. Esprime a suo modo nel silenzio delle sue sale l’intensità dell’attenzione, l’osservazione, la visione del culto alla conoscenza millenaria racchiusa nel suo splendido statuario.

Torino nel 2024 celebrerà il due-centenario del suo Museo, questo è certo. La data corona una vicenda illustre; creato nel 1824 da Carlo Felice, re di Sardegna e insediato nel Palazzo Accademia delle Scienze, l’Istituto fu il primo “grande” del genere nel mondo, matrice della egittologia per studi condotti in esso da Jean François Champollion nello stesso anno 1824; aperto al pubblico nel 1831, arricchito per nuove acquisizioni nei periodi 1900-1914; 1960-1970 e oltre, conta fra i principali nel mondo (Da uno scritto del prof, Silvio Curto).

Torino, una città gloriosa e meravigliosa, capitale di un piccolo stato, poi capitale d’Italia e in seguito capitale industriale invidiata dalle potenze europee; oggi vive il suo spaventoso declino tra i ruderi delle sue industrie frutto delle dissennate scelte fatte da manager incapaci ma soprattutto da politici scellerati.

Ormai senza un futuro è città governata da fantasmi e abitata da ombre che vagano senza una meta.

Pur tuttavia gli operatori di quando tut andasìa bin, non hanno mai indossato giacche con impresso sulla schiena TORINO CAPITALE, non ne avevano bisogno, perché era una vera capitale.

 

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