Mese: Giugno 2017

Italia terra di conquista. Aziende storiche vendute all’estero

25 giugno 2017 – Tratto da Mezzostampa

Il Made in Italy è sempre meno italiano, dato che le aziende di punta del settore dell’industria, della moda e degli alimentari vengono acquisite con preoccupante costante da holding straniere. Gli ultimi casi sono la Telecom venduta agli spagnoli che stranamente, pur essendo indebitati più di noi, hanno acquisito l’azienda italiana, e quello dei cioccolatini Pernigotti, venduti dai Fratelli Averna al gruppo Sanset della famiglia Toksoz. Pernigotti è un’azienda storica con oltre 150 anni di attività. Ma ormai siamo avviati su una china molto pericolosa per l’occupazione e per l’approvvigionamento delle materie prime, che rischiano di spostarsi in terra straniera. A tutt’oggi, solo per l’agroalimentare sono stati venduti marchi per circa 10 miliardi di euro. Ma la domanda che bisogna porsi è: “queste aziende potevano sopravvivere nel mercato globale senza far parte di grossi gruppi industriali?”.

Artigianato e tradizione spesso non vanno molto d’accordo con i ritmi e le pretese di un mercato in cui le spese di produzione si alzano e i profitti calano. Vendere è forse di vitale importanza per gli imprenditori, ma in tutto questo discorso si sente l’assenza dello Stato, che nulla sembra volere e potere fare per arrestare la dissoluzione del Made in Italy e, anzi, vessa sempre più le aziende con una pressione fiscale a livelli record. Non esiste settore che non sia stato toccato dalle mani delle ricche holding straniere. La strategia di questi gruppi è semplice: attendere il momento di difficoltà economica per appropriarsi di aziende con valore aggiunto notevole visto che, pur non più italiano al cento per cento, il prodotto italiano vende sempre e comunque, soprattutto all’estero.

Ecco così che un’opportunità di crescita per il comparto esportazioni è  ridotta al lumicino dall’esternalizzazione della proprietà e, molto spesso, anche della produzione. Il primato sul bel vivere e vestire non ci appartiene più, è meglio farsene una ragione. Ma quello che preoccupa di più è l’acquisizione di negozi, supermercati, fabbriche, ristoranti, da parte di cinesi che ormai sono l’etnia più numerosa, specie nel Sud Italia.

Vista la rapidità con la quale le aziende, oramai trasformate in pacchetti azionari, cambiano proprietà, nell’elenco potrebbe esserci stato qualche cambiamento ma conta poco, in Italia non tornano più. Qui di seguito c’è l’elenco recente di aziende vendute all’estero, ma sono solo una parte, e quelle più conosciute:

  • La Telecom è stata venduta….la cosa più grave che l’hanno comprata gli spagnoli che stanno più inguaiati di noi….e il Presidente della Telecom dice:”Non ne sapevo niente” (sigh)…
  • La Barilla è stata venduta agli americani…
  • L’Alitalia ultimamente diventata Società Aerea Italiana S.P.A. è la compagnia aerea di bandiera   italiana in amministrazione straordinaria ma poi commissariata. Il suo futuro è molto incerto
  • La Plasmon è stata venduta agli americani
  • La Parmalat, di quel buon signore di Tanzi, è stata venduta ai francesi della Lactalis
  • L’Algida è stata venduta ad una società anglo-olandese
  • L’Edison, antica società dell’energia, venduta ad una società francese, l’EDF
  • Gucci è nelle mani della holding francese Kering
  • BNL è controllata dal gruppo francese Bnp Paribas
  • ENEL cede buona parte delle quote ai russi (il 49%)
  • Il marchio AR, azienda conserviera quotata in borsa, di Antonino Russo, è passata ai giapponesi della Mitsubishi
  • Lo stabilimento AVIO AEREO è passato alla Generale Eletric…
  • I cioccolatini Pernigotti dei fratelli Averna venduti ai turchi della famiglia Toksoz
  • L’azienda Casanova, La Ripintura, nel Chianti, è stata recentemente acquisita da un imprenditore di Hong Kong
  • I baci perugina appartengono dal 1988 alla svizzera Nestlè
  • I gelati dell’antica gelateria del corso sempre alla Nestlè
  • Buitoni: L’azienda fondata nel 1927 a Sansepolcro dall’omonima famiglia è passata sotto le insegne di Nestlè nel 1988
  • Gancia: le note bollicine sono in mano all’oligarca russo Rustam Tariko (proprietario tra l’altro della vodka Russki Standard) dal 2011
  • Carapelli è nella galassia del gruppo spagnolo Sos dal 2006, cosi come Sasso e Bertolli
  • Star. Il 75% della società fondata dalla famiglia Fossati (oggi azionisti di Telecom Italia) nel primo dopoguerra, è in mano alla spagnola Galina Blanca (entrata nel 2006 e poi salita del capitale del gruppo)
  • Salumi Fiorucci: sono in mano agli spagnoli di Campofrio Food Holding dal 2011
  • San Pellegrino è stata acquisita dagli svizzeri della Nestlè dal 1998
  • Peroni è stata comperata dalla sudafricana Sabmiller nel 2003
  • Orzo Bimbo acquisita da Nutrition&Santè di Novartis nel 2008
  • La griffe del cachemire “Loro Piana”, fiore all’occhiello del made in Italy, è stata ceduta per l’80% alla holding francese Lvmh che già include simboli assoluti come Bulgari, Fendi e Pucci
  • Chianti classico (per la prima volta un imprenditore cinese ha acquistato un’azienda agricola del Gallo nero)
  • Riso Scotti (il 25% è stato acquisito dalla società alla multinazionale spagnola Ebro Foods)
  • Eskigel (produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione (Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop) (ceduta agli inglesi con azioni in pegno ad un pool di banche)
  • Fiorucci–Salumi (acquisita dalla spagnola Campofrio Food Holding S.L.)
  • Eridania Italia SpA (la società dello zucchero ha ceduto il 49% al gruppo francese Cristalalco Sas)
  • Boschetti alimentare (cessione alla francese Financière Lubersac che detiene il 95%)
  • Ferrari Giovanni Industria Casearia SpA (ceduto il 27% alla francese Bongrain Europe Sas) 2009
  • Delverde Industrie Alimentari SPA (la società della pasta è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl che fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata) 2008
  • Bertolli (venduta a Unilever, poi acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
  • Rigamonti salumificio SPA (divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International)
  • Orzo Bimbo (acquisita da Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis)
  • Italpizza (ceduta all’inglese Bakkavor acquisitions limited)
  • Galbani (acquisita dalla francese Lactalis)
  • Sasso (acquisita dal gruppo spagnolo SOS)
  • Fattorie Scaldasole (venduta a Heinz, poi acquisita dalla francese Andros)
  • Invernizzi (acquisita dalla francese Lactalis, dopo che nel 1985 era passata alla Kraft) 1998
  • Locatelli (venduta a Nestlè, poi acquisita dalla francese Lactalis)
  • San Pellegrino (acquisita dalla svizzera Nestlè) 1995
  • Stock (venduta alla tedesca Eckes A.G., poi acquisita dagli americani della Oaktree Capital Management) 1993
  • La Safilo (Società azionaria fabbrica italiana lavorazione occhiali), fondata nel 1878, che oggi produce occhiali per Armani, Valentino, Yves Saint Laurent, Hugo Boss, Dior e Marc Jacobs, è diventata di proprietà del gruppo olandese Hal Holding
  • Nel settore della telefonia, a Milano nel 1999 era nata Fastweb, una joint venture tra e.Biscom e la comunale Aem che oggi fa parte del gruppo svizzero Swisscom
  • Nel 2000 Omnitel è passata di proprietà del Gruppo Vodafone
  • Nel 2005 Enel ha ceduto la quota di maggioranza di Wind Telecomunicazioni al magnate egiziano Sawiris, il quale nel 2010 l’ha passata ai russi di VimpelCom
  • Nel campo dell’elettrotecnica e dell’elettromeccanica nomi storici come Ercole Marelli, Fiat Ferroviaria, Parizzi, Sasib Ferroviaria e, recentemente, Passoni & Villa sono stati acquistati dal gruppo industriale francese Alstom, presente in Italia dal 1998
  • Nel 2005 le acciaierie Lucchini spa sono passate ai russi di Severstal, mentre rimane proprietà della omonima famiglia italiana, la Lucchini rs, che ha delle controllate anche all’estero
  • Fiat Avio, fondata nel 1908 e ancora oggi uno dei maggiori player della propulsione aerospaziale, è attualmente di proprietà del socio unico Bcv Investments sca, una società di diritto lussemburghese partecipata all’85% dalla inglese Cinven Limited
  • Benelli, la storica casa motociclistica di Pesaro, di proprietà del gruppo Merloni, nel 2005 è passata nelle mani del gruppo cinese QianJiang per una cifra di circa 6 milioni di euro, più il trasferimento dei 50 milioni di euro di debito annualmente accumulato
  • Nel 2003 la Sps Italiana Pack Systems è stata ceduta dal Gruppo Cir alla multinazionale americana dell’imballaggio Pfm Spa
  • In una transazione di qualche tempo fa Loquendo, azienda leader nel mercato delle tecnologie di riconoscimento vocale, che aveva all’attivo più di 25 anni di ricerca svolta nei laboratori di Telecom Italia Lab e un vasto portafoglio di brevetti, è stata venduta da Telecom alla multinazionale statunitense Nuance, per 53 milioni di euro.

Totale 54 aziende.

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I fatti di Piazza S. Carlo e Londra

L’attentato a Londra del 3 giugno 2017 è l’ennesima prova tangibile, non dell’ingovernabilità oramai fatta sistema ma dell’incapacità, criminale faciloneria e inefficienza di un’Europa tremendamente muta, sorda e cieca, incapace di ascoltare, tutelare i suoi cittadini prima europei e italiani, in quanto membri dell’Unione, dagli attuali politici oscurantisti, incapaci e vessatori, permettendo a questa marea extracomunitaria di invadere il Piemonte (e l’Italia) senza limiti, controlli e alcun criterio logico. Si tratta di povera gente sfruttata di varie nazionalità, culture e religioni diverse difficilmente integrabili, a fronte di una simulata integrazione di comodo e uno sbandierato multi-etnismo di facciata. Un folle sogno dei mercanti di carne umana che finirà per distruggere quel poco che resta di questa grande idea di Comunità Europea nata a Ventotene.

Il tardivo basta! di Theresa May sia un atto reale e non di sole parole nella nuova Inghilterra libera, fuori dai lacci dell’Unione. Intanto contiamo ancora altri morti, cittadini inconsapevoli e inermi, non politici protetti dai guarda-spalle e al sicuro nei loro fortini.

Gli assurdi incidenti di Piazza San Carlo a Torino

Decine di migliaia di giovani e meno giovani tifosi juventini assiepati nella Piazza per fare cosa? Festeggiare la loro squadra del cuore infischiandosene della prudenza e del più elementare buon senso? Si tratta di una madornale stupidità, oramai diventata normalità, dall’improvvido modo di vivere sconsiderato d’oggi. Nelle piazze londinesi e parigine i terroristi sparavano a raffica sulla folla minacciando con coltelli alla mano ma a Torino non è successo nulla di tutto questo.

I terroristi erano gli stessi festaioli che l’atto idiota di qualcuno ha fatto scatenare l’inferno; non tifosi ma orde di barbari in fuga hanno calpestato tutto e tutti, lordando in modo indegno una delle più belle piazze italiane. Oggi il nuovo Prefetto, in un comunicato chiede scusa alla città; chiede scusa, come se avesse pestato inavvertitamente un piede a qualcuno; ma cosa sarebbe successo se ci fossero stati dei morti? Tranquilli, i cittadini non devono preoccuparsi; il Prefetto e le autorità preposte all’ordine pubblico promettono che tutto cambierà, dobbiamo crederci? Con costoro alla guida, non solo cambierà nulla ma viviamo nel terrore aspettando le nuove misure di sicurezza che inventeranno. Notizia di oggi 16/06/2007 è che il morto c’è; le ferite erano troppo gravi e Erika è morta, condoglianze alla famiglia.

Da almeno un decennio contiamo i morti ammazzati da questo terrorismo spietato, assassino, affrontato dal governo italiano con armi che sparano parole, come vuole la più solida tradizione italiana dell’attendismo, dall’incapacità decisionale, dalla sempre più solerte disorganizzazione.

Eppure la Torino sabauda aveva un esercito addestrato, collaudato in mille battaglie prevalentemente a difesa della città. Purtroppo il 22 settembre del 1864 proprio in piazza san Carlo  (come ricorda una targa commemorativa) l’esercito e i carabinieri sparavano sui torinesi (55 morti e circa 133 feriti) che protestavano per la paura di una crisi delle aziende e relativa perdita di posti di lavoro a causa dello spostamento della capitale d’Italia da Torino a Firenze.

Proteste per non perdere il lavoro e non per festeggiare una squadra di calcio; un gioco (non è sport) che ingloba in sé solo porcherie; violenza, corruzione, partite truccate, troppo denaro sperperato dai club in questi anni di crisi irreversibile e che si allarga a macchia d’olio, l’opposto di quanto dice la martellante pubblicità di regime.

In questi tempi di forte avanzata del terrorismo, alla fine si dovrà ritornare alla leva militare obbligatoria o almeno a dei periodi ciclici di addestramento per impegnare e istruire questo esercito di giovani disoccupati e sfaccendati. Si obietterà con la solita tiritera della mancanza di denaro, di caserme inadeguate e chissà cos’altra; viviamo in uno Stato diventato strumento per finanziare il partito sinistroide di maggioranza, colmare le sue spese e i debiti per favori di scambio, inoltre sperpera denaro a piene mani per strutture pubbliche obsolete (ad esempio come nella RAI, ridotta a una grande, nauseabonda cucina), riducendo all’osso la Sanità, i servizi in generale e la tutela del cittadino. Intanto le nostre aziende chiudono, fuggono o sono svendute, Nell’elenco sottostante quelle indicate sono le più note. Teniamo ben conto che parlare oggi di aziende bisogna accantonare l’elemento umano, ossia i dipendenti, che in realtà contano poco o nulla, è considerata merce di scambio, quali titoli, azioni, carta insomma e magari con quotazioni in borsa; sul WEB con velocità impensabili, tutto diventa subito vecchio, come le notizie. L’insieme contribuisce, in qualche modo a dare un valore iniziale di trattativa all’azienda, che l’acquirente tende sempre al massimo ribasso. Non abbiamo più buoni venditori e buoni manager, è il sistema collassato al quale oramai è legata l’Italia, finché dura, perché le spudorate menzogne hanno le gambe corte e questo parlamento farà terra bruciata dietro di sé, fintanto che gli italiani non si sveglieranno dai loro sogni colmi di calcio, Juventus e canzonette.

Sabato, 10 Giugno 2017 –Tratto da Mezzostampa

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Aggiornamenti e notizie sulla situazione triestina

Come preannunciato in un precedente articolo continuiamo la pubblicazione di notizie ed aggiornamenti sulla situazione del territorio triestino pubblicate dal Movimento Trieste Libera (www.triestelibera.one).

In questo video si parla della situazione del terrapieno inquinato di Barcola, un’ex discarica comunale di rifiuti tossici e di cosiddetti “materiali inerti” in piena zona balneare.  L’attuale amministrazione comunale vorrebbe realizzarvi dei parcheggi, ma per farlo dovrebbe bonificare l’area (contaminata anche da diossina a causa dallo smaltimento delle ceneri dell’inceneritore comunale di rifiuti) ed il costoso intervento è fuori dalla portata del Comune: oltre 50 milioni di Euro.

Segue il video completo dell’incontro pubblico “Chi deve pagare gli inquinamenti a Muggia?” durante il quale Trieste Libera ha spiegato ai cittadini di Muggia che rischiano di dover pagare, oltre che con la salute, anche con le tasse comunali le enormi spese di bonifica degli inquinamenti causati o consentiti dal malgoverno dei partiti e dei politici italiani collusi con interessi di speculatori: Montedorofoci dell’OspoNoghere, Porto San Roccoterrapieno Acquario, ecc.

In ultimo proponiamo uno stralcio della trasmissione “Sveglia Trieste” del 31 maggio 2017  dove è intervenuto Roberto Giurastante, Presidente di Trieste Libera, il quale ha risposto alle domande dei cittadini sullo status del Territorio Libero e del Porto Franco internazionale di Trieste.

Gli argomenti principali sono stati lo status dell’attuale Territorio Libero di Trieste dopo i mutamenti territoriali del 1992, il regime speciale e le potenzialità di sviluppo del Porto Franco, che esiste solo come ente di Stato del Territorio Libero, senza dimenticare i problemi relativi all’attuale amministrazione provvisoria italiana, in particolare la tassazione, e gli strumenti che Trieste Libera mette in atto a livello locale, italiano e internazionale (ONU) per ripristinare lo Stato di diritto.

 

Buona visione.

 

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